“L’Italia ha bisogno di più Europa e deve investire nella conoscenza” – .

“L’Italia ha bisogno di più Europa e deve investire nella conoscenza” – .
“L’Italia ha bisogno di più Europa e deve investire nella conoscenza” – .

TORINO. «L’Italia ha bisogno di più Europa e di conoscenza per crescere. Di fronte alle sfide globali è necessario uno sforzo maggiore”. Il governatore onorario della Banca d’Italia, Ignazio Visco, è a Torino per il Festival Internazionale dell’Economia. La giornata conclusiva dell’evento si apre con gli avvertimenti del banchiere centrale, che parla ad ampio spettro dei circoli viziosi che frenano il Paese. «Il problema della mancata crescita è cruciale, bisogna investire nella conoscenza», spiega Visco. «Il capitale umano va valorizzato e bisogna puntare su ricerca e sviluppo», evidenzia, sottolineando che non bisogna più perdere tempo.

L’obiettivo è colmare il gap con il resto d’Europa. Che sono tante, numerose, profonde ma non irrisolvibili. Il titolo dell’incontro di Visco con il Festival lascia poco spazio all’ottimismo. Significativo il “circolo vizioso” di cui parla Visco al Museo del Risorgimento. «Se non cresci non fai investimenti, quindi non aumenti la produttività», sottolinea il governatore onorario di Via Nazionale. C’è un po’ di amarezza nelle parole di Visco, che più di una volta sottolinea come da troppi decenni si discuta su come migliorare la conoscenza, e quindi l’istruzione, senza successo. «Si possono prendere risorse dal risparmio, oppure dall’estero, ma serve un ambiente attrattivo. Per fare questo occorre avere capitale umano e quindi conoscenza”, dice.

Secondo Visco le soluzioni semplici sono poche. «Per poter crescere serve conoscenza. Purtroppo in Italia c’è un livello medio-basso. Basta guardare i laureati. Quindi se il capitale umano è basso occorre aumentare gli investimenti”. Tuttavia, il punto di partenza è inferiore rispetto ad altri paesi. Occorre quindi pensare anche a un nuovo “patto sociale” tra imprese e lavoratori. Il ragionamento di Visco è semplice: «Le aziende hanno un’informazione imperfetta e credono che il capitale umano italiano sia basso, quindi offrono salari bassi. Se questi sono bassi, allora l’agente economico deve fare delle scelte”. E in questo caso la decisione è se laurearsi o meno, se formarsi oppure no. «In Italia si capisce poco che studiare fa bene», dice Visco con più di un pizzico di fastidio per la situazione attuale. “C’è un problema di modelli. Privilegiamo chi non ha avuto successo attraverso la conoscenza, ma ci affidiamo a modelli effimeri. Non tutti possono essere campioni di calcio o intrattenitori famosi”, osserva il banchiere centrale.

Il problema dell’investimento nella conoscenza risiede nei dati. «Non solo i laureati sono pochi, ma anche il numero dei laureati è basso, se guardiamo le medie Ocse. Non ultimo, l’abbandono scolastico costituisce ancora oggi un fenomeno significativo, soprattutto al Sud. Infine, abbiamo un enorme problema dei NEET (Not in Education, Employment, or Training, cioè ragazzi che non studiano, non lavorano, non si formano, ndr), che nel Sud è davvero preoccupante”, dice Visco. Che sfata alcuni miti che la politica spesso nasconde sotto il tappeto: «Abbiamo circa il 40/50% dei bambini che non hanno conoscenze elementari di matematica, e al Sud questo valore è ancora maggiore». Non sorprende quindi che molti giovani decidano di valutare opzioni radicali.

In quest’ottica c’è un dato che preoccupa il governatore Visco. E il pubblico non nasconde il proprio stupore quando lo dice. «Un milione di italiani sono andati all’estero negli ultimi dieci anni e hanno cambiato residenza. Ma poi ci sono tutti quelli che non l’hanno fatto”, spiega. Per invertire la tendenza, sottolinea, «non bastano gli incentivi» per il cosiddetto rientro dei cervelli. «Dobbiamo avere un’offerta di qualità. E in Italia bisogna lavorare ancora molto su questo versante”, dice. Allo stesso tempo, c’è l’altro problema. «L’ascensore sociale in Italia si è fermato», afferma, e per farlo ripartire bisogna investire di più, ma con ragione e lungimiranza.

È importante non farlo in maniera sbagliata, seguendo le sirene della politica. «I bonus sono inutili, bisogna spingere per una crescita permanente e non solo a breve termine. I bonus appesantiscono il debito pubblico e non consentono di liberare risorse per una spesa “buona”. Il reddito di cittadinanza ha avuto delle distorsioni ma è uno strumento utile”, sottolinea l’economista. Che fa il punto anche su una delle misure più discusse degli ultimi decenni, che rischia di costare all’Italia oltre 220 miliardi di euro. «Il Superbonus è un problema mal gestito con conseguenze macroeconomiche non valutate, così come l’impatto complessivo sul debito pubblico. Dobbiamo ricordarci che i pasti gratis non esistono”, tuona Visco. Un messaggio perentorio di cui la classe politica dovrà fare memoria nei prossimi decenni.

Sul fronte della natalità, invece, torna alle parole del suo successore, Fabio Panetta, quando parla di migranti. E fa il punto sul prossimo futuro, con una critica non tanto nascosta al discorso odierno. «Molto spesso si parla di immigrazione solo in termini politici, ma serve un programma per gestire meglio i flussi, come ha fatto il Giappone sul fronte demografico», spiega. La frammentazione globale spaventa Visco, perché l’Europa conoscerà nei prossimi decenni ondate di migranti economici, che dovranno essere gestiti e integrati al meglio. Non solo per il bene dell’Italia, ma anche dell’Europa e dei Paesi in via di sviluppo.

 
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