Migranti, denuncia della Meloni alla Procura Antimafia sul Decreto Flussi: “La criminalità organizzata si è infiltrata nella gestione delle istanze”

Migranti, denuncia della Meloni alla Procura Antimafia sul Decreto Flussi: “La criminalità organizzata si è infiltrata nella gestione delle istanze”
Migranti, denuncia della Meloni alla Procura Antimafia sul Decreto Flussi: “La criminalità organizzata si è infiltrata nella gestione delle istanze”

Caltanissetta, 4 giugno. (Adnkronos) – (dall’inviata Elvira Terranova) – Sei processi in 32 anni, che diventano 14 se si contano anche i ricorsi e le decisioni della Corte di Cassazione. Oltre 35 giudici si espressero su quanto accaduto alle ore 16,58 del 19 luglio 1992 in via D’Amelio a Palermo. Ma nonostante questo, sono ancora tanti i buchi neri che circondano la strage in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta. Molti pezzi mancanti. L’ultima frase è questa sera. Sono state 19 le udienze del processo di appello sul depistaggio, iniziato il 31 ottobre 2023 davanti alla Corte d’Appello di Caltanissetta, presieduta da Giovanbattista Tona. Sono stati ascoltati due collaboratori di giustizia, Francesco Onorato e Vito Galatolo. E un ex poliziotto e ora penalista, Gioacchino Genchi. Nel corso del procedimento di appello sono emerse diverse novità, con elementi ritenuti “importanti” dalla Procura generale, a partire dalla documentazione bancaria di Arnaldo La Barbera, ex dirigente della Squadra Mobile di Palermo e capo del gruppo investigativo denominato ‘Falcone e Portamonete’. ‘. Soldi, tanti, forse troppi, in contanti, sono arrivati ​​sul suo conto in banca. Da dove? E da chi? Questo è quanto hanno cercato di accertare gli inquirenti. Non solo.

Nel corso del processo è stata ritrovata dai magistrati anche una cartella del gruppo ‘Falcone e Borsellino’, con una nota della Squadra Mobile di Palermo che ricordava l’ispezione effettuata nei confronti del falso pentito Vincenzo Scarantino. Un documento mai apparso prima, dopo 32 anni.

Il primo processo sulla strage Borsellino si apre con le dichiarazioni dello stesso Vincenzo Scarantino, con la sentenza emessa il 26 gennaio 1996. L’appello nel 1999. Poi, dopo qualche anno, il secondo processo, il 18 marzo 2002. Con l’appello che modifica la frase. Ma nel frattempo irrompe sulla scena un nuovo pentito, Gaspare Spatuzza. Che svela nuovi retroscena sulla strage, smentendo l’intero castello di carte costruito negli anni precedenti dal falso collaboratore Vincenzo Scarantino. Solo nel 2017, dopo il processo Borsellino quater, e il processo di revisione, si ebbe la certezza dell’inaffidabilità di Scarantino, ma anche di altri falsi pentiti come Francesco Andriotta.

Fino ad arrivare al processo sulla depistaggio della strage. Sul banco degli imputati sono i tre poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Secondo l’accusa avrebbero inventato le accuse di Scarantino. Il tribunale di Caltanissetta, in primo grado, ha dichiarato prescritti i capi d’accusa a carico di Mario Bo e Fabrizio Mattei. Il terzo imputato, Michele Ribaudo, è stato invece assolto. La Procura generale, guidata da Fabio D’Anna, e rappresentata in aula dai sostituti Gaetano Bono e Maurizio Bonaccorso, è convinta che il depistaggio relativo alla strage di via D’Amelio “ci sia stato” e che la responsabilità “sia dei poliziotti”. che non lo hanno fatto per un banale desiderio di fare carriera ma per agevolare Cosa Nostra, tradimento che non può essere perdonato. Ecco perché i tre poliziotti sul banco degli imputati “vanno essere condannati”. A pesanti sanzioni. Il procuratore generale di Caltanissetta, Fabio D’Anna, al termine di un rinvio a giudizio lo scorso aprile, aveva chiesto la pena di 11 anni e 10 mesi di reclusione per Mario Bo e di 9 anni e 6 mesi ciascuno per Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Le stesse sanzioni richieste nel processo di primo grado. Sono accusati di calunnia aggravata per aver fabbricato falsi pentiti, inducendoli a mentire, per depistare le indagini sulla strage di via D’Amelio. Il tribunale di Caltanissetta, in primo grado, il 12 luglio 2022, ha dichiarato archiviate le accuse a carico di Mario Bo e Fabrizio Mattei, mentre è stato assolto il terzo imputato, Michele Ribaudo. Ma la Procura generale non è d’accordo e ora chiede la condanna di tutti. Con l’aggravante di mafia.

«Le indagini, subito dopo la strage, hanno subito un inquinamento probatorio», ha ribadito nella sua requisitoria il procuratore generale D’Anna. Il che ha messo in gioco anche l’apparato statale. Cioè i magistrati che gestirono le indagini 30 anni fa. “Leggendo la sentenza ci rendiamo conto e non possiamo esimerci dal dire che a questo inquinamento probatorio ha contribuito anche il comportamento di alcuni colleghi. Colleghi disattenti che non sono riusciti a cogliere elementi indicatori di falsità dell’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino”, ha detto.

Per la Procura di Caltanissetta “c’è stato un tradimento da parte dell’apparato statale che ha tradito non solo Borsellino ma anche gli agenti della scorta. Un tradimento che non può essere perdonato. Si può tradire per tanti motivi: per soldi, sì, ce n’erano contro La Barbera ma non contro gli imputati di oggi, per la carriera, ma La Barbera non ne aveva bisogno, era ancora giovane e presto sarebbe diventato questore, quale motivo deve avere a che fare con uno scemo come Scarantino” . “Un altro motivo – ha proseguito – poteva essere il fatto che fosse necessario trovare un colpevole da presentare all’opinione pubblica: ma perché Scarantino? Cioè l’unico che faceva parte di una famiglia che non c’entrava niente. Ma perché lui? La risposta me la sono data io: l’unico interesse che spiega l’ostinazione del gruppo Falcone-Borsellino è che sapevano perfettamente che con il loro comportamento si allontanavano dalla verità delle indagini, sia per tutelare apparati statali sia per tutelare apparato mafioso”.

Loro, gli imputati, «non sono però gli unici demoni». “La fila dei demoni dovrebbe essere lunga sul banco degli imputati, ma o sono morti o l’hanno fatta franca”, ha detto il procuratore Maurizio Bonaccorso, aggiunto alla Procura generale. “Ci sono leader e individui che se la sono cavata e sappiamo chi sono”, aggiunge. E poi ha sottolineato: «Ci sono una serie di elementi che danno certezza del coinvolgimento di figure istituzionali nell’eliminazione del dottor Borsellino».

Secondo il sostituto procuratore generale Gaetano Bono la sentenza di primo grado è stata “contraddittoria, illogica, ingiusta e fuorviante”. Perché i poliziotti sul banco degli imputati, ormai tutti in pensione, hanno volutamente depistato le indagini sull’aggressione a Paolo Borsellino. “L’autore del depistaggio è stato Arnaldo La Barbera, morto qualche anno fa come celebre investigatore antimafia”, ha detto il pubblico ministero Gaetano Bono, che al momento della strage era ancora un bambino di nove anni. Dice: “C’è un’illogicità della sentenza di primo grado che dopo poche pagine dipinge un quadro incoerente dell’affidabilità di Vincenzo Scarantino”, il falso collaboratore di giustizia che fece condannare sette persone innocenti, ha detto Bono che ha citato alcune frasi di la sentenza di primo grado.

Di diverso avviso la difesa dei tre poliziotti. Per gli avvocati, i pm che si sono occupati delle indagini sulla strage di via D’Amelio e che non hanno compreso le falsità dell’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino “non hanno agito con leggerezza”, “ma con grave colpa” nella “valutazione degli elementi del giudizio”. Non solo. Lo stesso Scarantino che, dopo il 2014, cominciò a “fare marcia indietro” sulle accuse rivolte ai magistrati con “notevole riluttanza”, “non si fece incoraggiare dai tre poliziotti” che oggi sono accusati di complicità in diffamazione aggravata nel processo per depistaggio la strage Borsellino. Questo è stato il contrattacco della difesa dei poliziotti

“C’è stata una mancanza di rispetto della giurisdizione da parte dei pubblici ministeri. In molte occasioni non hanno esaminato le prove come avrebbero dovuto. E non è questa la spensieratezza di cui ha parlato il procuratore generale, questa è una colpa grave”, ha accusato la difesa. Per l’avvocato Giuseppe Seminara si sono verificati “comportamenti irritativi, leggeri, superficiali, speculativi da parte di molti soggetti coinvolti nell’attività, che inizia con l’attività della polizia giudiziaria, sempre sotto il controllo della magistratura e si conclude con la valutazione delle prove del processo di appello Borsellino-bis”.

Per l’avvocato Giuseppe Panepinto, legale di Mario Bo, “questo non è il più grande depistaggio dello Stato italiano ma la più grande ostinazione che lo Stato italiano ha fatto. È uno degli enormi errori giudiziari. Siamo di fronte ad uno Stato italiano che vogliamo schiarirci la coscienza, vogliamo pulire il coltello sulle spalle dei tre poliziotti. Il grande sconfitto è lo Stato italiano”. Oggi la nuova, l’ennesima, sentenza.

 
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