West Virginia e Campania, aziende pronte a investire negli Usa nel dialogo – .

IL Virginia dell’ovest ha un territorio vasto ma conta solo 1,8 milioni di abitanti (in pratica, un terzo di quello campano su una superficie 5 volte più grande). Ha però una posizione privilegiata: è nella parte orientale degli Stati Uniti, vicino al Canada, a metà strada tra New York e Chicagoe con il 50% della popolazione statunitense che vive nel raggio di poche centinaia di miglia. Queste caratteristiche, insieme ad un sistema logistico sviluppato, lo rendono molto interessante per gli investimenti.

Il confronto

Se ne è parlato ieri a Napoli, in un incontro tra una delegazione del West Virginia e rappresentanti del mondo imprenditoriale campano. «Per l’Italia rappresentiamo uno dei principali partner, con un interscambio commerciale di 126 miliardi di dollari al 2023, che potrà essere ulteriormente rafforzato. L’incontro di oggi rientra nel programma SelectUSA, gestito dal nostro Dipartimento del Commercio, che ha l’obiettivo di spiegare quali opportunità offriamo alle aziende che vogliono investire nel nostro territorio” afferma Tracy Roberts-PoundsConsole generale degli Stati Uniti a Napoli, che aggiunge: «Oggi promuoviamo gli investimenti nel West Virginia perché è uno Stato che vanta eccellenze produttive in settori in cui eccellono anche Napoli e la Campania».

Affinità indicate dal direttore del Dipartimento per lo sviluppo economico del West Virginia, Mike Graney: «Come la Campania, abbiamo un settore aerospaziale molto sviluppato, con sedi di aziende importanti come Boeing e Nasa. Settori molto attivi sono anche l’automotive, l’industria chimica e dei polimeri, la metallurgica, l’informatica, e siamo anche la capitale della biometria” precisa, sottolineando che il dipartimento da lui diretto, oltre a fornire assistenza agli investitori, lavora anche per metterli in contatto con possibili partner sul territorio.

Per il presidente dell’Unione Industriali di Napoli, Costanzo Jannotti Pecci«rafforzare le collaborazioni con gli Stati Uniti è anche un modo per ridurre la dipendenza dalla Cina di cui abbiamo sofferto negli ultimi decenni anche nel campo delle tecnologie avanzate».

E, aggiunge, i rapporti con il West Virginia si possono implementare anche nei settori «delle alte tecnologie, delle nanotecnologie e della meccatronica avanzata, in cui sono specializzate molte delle nostre aziende, che negli Stati Uniti possono trovare tecnici qualificati e sbocchi commerciali nel settore grande mercato statunitense”. La presenza delle aziende campane negli Usa, tra l’altro, è già in crescita, ricorda Massimo Petrone, rappresentante per la Campania dell’American Chamber of Commerce in Italy: «Su 600 aziende italiane iscritte alla Camera, oltre 60 sono campane. Li accompagniamo, consigliandoli dove investire, tra 50 Stati, a seconda del tipo di attività economica dell’azienda e del tipo di benefici offerti”.

Simest sta offrendo un aiuto sostanziale, aggiunge poi Federica Feltrini, dell’Ufficio Relazioni Esterne della società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Lo fa sia partecipando a investimenti, sia con finanziamenti agevolati a tassi bassissimi, o a fondo perduto (per imprese innovative, meridionali, giovani o femminili): «Solo nel 2023 – dice – abbiamo sostenuto 15mila progetti di internazionalizzazione, oltre 90 % a favore delle PMI”.

Il testimone

Infine, la testimonianza di Paolo Ghigo, presidente di Tecnocap Llc (filiale americana di un’azienda di Cava de’ Tirreni specializzata in imballaggi e chiusure metalliche): «In West Virginia – afferma – abbiamo trovato un’amministrazione sensibile al settore, un sistema bancario disponibile e trasparente, una logistica tagliente vantaggioso e un mercato gratificante. Inoltre, cosa molto importante per le imprese ad alto consumo energetico, il West Virginia è lo stato in cui il costo dell’energia è più basso”. Tra i problemi da tenere presente, però, sottolinea “la carenza di risorse umane dovuta a una disoccupazione inferiore al 4 per cento, che però è bilanciata – conclude – da un sistema universitario pronto a formare personale qualificato in accordo con le aziende”.

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