Le mancanze di Perinetti, il sentimento popolare di D’Agostino e la determinazione di Pazienza. Avellino ’24/’25, prime impressioni – .

Trecentosessantacinque giorni dopo è di nuovo il momento A Giorgio Perinetti toccò il compito più difficile. Se un anno fa il direttore dell’area tecnica biancoverde si trovò catapultato in una situazione in cui il caos e l’incertezza regnavano sovrani, oggi l’Avellino – anche grazie a lui – si ritrova in una condizione diversa. Ed è stato lo stesso Perinetti a sottolinearlo nella conferenza stampa programmatica tenutasi, come un anno fa, all’Hotel Bel Sito. «Tredici giorni dopo la fine della stagione il club può comunicare la ritirareIL campagna di abbonamento e il guida tecnica».

Come dare torto al direttore generale dei Lupi. In un anno sotto la sua gestione Avellino ha cambiato volto. Soprattutto sotto l’aspetto manageriale. Dove purtroppo le cose non sono cambiate è in mezzo al campo. E in questo senso Perinetti ha commesso un pizzico di presunzione. O almeno, nel suo discorso, non sono mancati lacune E lacune comunicative. Soprattutto, la scelta di affidare gli incarichi a un giovane di prospettiva come Simone Ghidotti. Sulla scelta del portiere – l’elemento del gruppo squadra più criticato in questa stagione – il direttore generale biancoverde ha deciso di dare la colpa a mister Rastelli e all’ex allenatore dei portieri, Davide Dei.

Una decisione, quella dello scaricabarile, incomprensibile per un uomo di calcio come Giorgio Perinetti da cui, inevitabilmente, ci si aspettava una presa di coscienza. Ma chi si è assunto le proprie responsabilità, sottolineando in più di un’occasione di aver commesso degli errori, lo è stato signor Michele Pazienza. Dopo i ringraziamenti di rito, l’allenatore del San Severo ha recitato il mea culpa, sottolineando il come «ci sono situazioni in cui io stesso devo lavorare meglio». Ma soprattutto lo è quello visto al Bel Sito un arrabbiato Michele Pazienzache non vedono l’ora di mettersi a lavorare con i propri giocatori.

Ma anche a allenatore con le idee chiare quanto a modulo«Ripartiamo da 3-5-2 con caratteristiche che possano darci la possibilità di cambiare anche in gara” – E interpreti: «Chi accetterà il progetto dovrà venire con il fame e il grinta proprio quello che questa piazza sta cercando”. In breve, a Michele Pazienza che ha convinto anche i più scettici che forse al fischio finale di Vicenza-Avellino ne chiedevano l’esonero. Ma l’allenatore sansevero non è stato il solo, perché a convincere – fin dal primo giorno dopo il suo insediamento alla guida dell’US Avellino 1912 – è stato anche mecenate Angelo Antonio D’Agostino.

voce tremante e desolata nell’affermare, a malincuore, che anche quest’anno l’obiettivo Serie B è sfumato. «Pensavamo di farcela, poi è successo, come purtroppo sai». Un angelo Antonio D’Agostino consapevole della scelta di continuità ma anche determinato a investire ulteriori risorse andando a «capire cosa manca a questa squadra». Ma era anche un D’Agostino capace di stimolare il sentimento popolare, di far sognare, guardando con ottimismo alla prossima stagione. L’intento è vincere il campionato. E chissà, magari, far avverare la profezia di D’Agostino: «Vuol dire che ne vinceremo due di fila».

 
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