«Non mi interessa più l’amore, ma guardo sempre un bell’uomo. La libertà è anche solitudine” – .

«Non mi interessa più l’amore, ma guardo sempre un bell’uomo. La libertà è anche solitudine” – .
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Questa intervista inizia con Ornella Vanoni che un po’ sbuffa e un po’ ride, e finisce con lei che canta dall’altra parte del ricevitore Toy boy. Lo farà anche questo fine settimana – insieme a Colapesce Dimartino e tanti altri ospiti – sul palco di due grandi concerti agli Arcimboldi di Milano. Due concerti – dal titolo Infinito – che il 27 e 28 aprile celebrano una carriera e un artista che non smette mai di sorprendere. Novanta anni il prossimo settembre, oggi Ornella Vanoni resta dentro Il desiderio di follia, Calma rivoluzionaria, Infinito e tanti altri capolavori che hanno fatto la storia della musica italiana. Li tiene insieme agli aneddoti, ai ricordi, ai dolori e alle piccole gioie – come dice lei – di una vita intensa. E quando parla di uomini, di Milano, della paura, della vecchiaia, dell’indipendenza, della solitudine e dei nipoti, sorride e precisa: «Non mi incazzo più come una volta».

Una volta si è arrabbiato di più?
«Perché ero più in ansia. Avevo paura in generale anche nella vita, non solo sul palco. Adesso sono felice di salire sul palco”.

E nella vita?
«Qualche preoccupazione c’è sempre, è impossibile non averla. Significherebbe non avere una famiglia, non avere nessuno. Non ho ricordi. E se non hai ricordi, sei nei guai.

Ti prendi cura di te stesso?
«Alcuni sì, altri no. Cerco sempre di pensare alle cose migliori che mi sono successe invece che alle peggiori. Ho vissuto anche tante cose spiacevoli, ma le ho lasciate andare. C’è spazio solo per le cose belle. Perché le cose belle sono tutte belle, mentre le cose brutte sono tutte brutte”.

Hai sempre il tuo quaderno dove annoti tutto?
“Sempre. Poiché non so usare il computer, non mi piace. Scrivo a mano, i miei appunti, le date. Scrivo così tanto che spesso non ricordo nemmeno cosa ho scritto.”

Ha indetto lui i due concerti agli Arcimboldi Infinito. Che effetto hanno queste due parole su di te oggi?
«Per me sono molto importanti. Mi ricordano l’inizio della mia musica. Gino Paoli ha scritto questa canzone che è il mio ritratto, l’ha scritta solo per me. Il mio ultimo album, tuttavia, lo è Calma rivoluzionaria del 2023. Si chiama così perché oggi c’è la sensazione che sia meglio mantenere la calma e non fare le cose di fretta. La fretta è dannosa, anche la rabbia è dannosa. E Milano è una città molto agitata, per non dire isterica. È una città che offre molto ma allo stesso tempo richiede molto. Oggi è molto costoso, difficile”.

Ricordi la tua prima casa?
«La prima casa dove pagai l’affitto era in via Appiani. Era abbastanza grande, con una bella terrazza. Oggi però vedo attorno a me un grande disagio. Il periodo Covid ha lasciato tanti segni. Mi sono ammalato, sono rimasto chiuso in casa, ma sono uscito. I giovani, invece, sono rimasti feriti. Vedo mio nipote di 13 anni. Ha perso anni di convivenza con gli amici, con le prime amiche, il Covid gli ha portato via un pezzo di vita. Perché a quell’età non hai ancora un mondo interiore forte a cui attingere. Osservo molto i giovani, spesso mi fermano per strada”.

 
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