Equilibri in movimento in Oriente – Analisi della Difesa – .

di Ruggero Stanglini

“Merde!”, avrebbe gridato il generale Pierre Jacques Étienne, visconte di Cambronne, al termine della battaglia di Waterloo ai soldati inglesi che gli ordinavano di arrendersi.

“Merda!”, e forse anche qualcosa di più colorato, hanno esclamato il 29 maggio i cittadini sudcoreani vedendo piovere dal cielo l’ultimo “regalo” di Kim Jong Un, portato da palloncini bianchi: sacchetti di plastica contenenti ogni tipo di spazzatura, dai mozziconi di sigaretta ai pannolini usati e pannolini, dalle batterie elettriche alla carta straccia e un materiale informe che, secondo l’agenzia d’informazione sudcoreana Yonhap, “a giudicare dal colore scuro e dall’odore” sembrava esattamente identico alla sostanza citata da Cambronne.

L’iniziativa destò allora un certo allarme, poiché si temeva che i sacchi appesi ai palloncini (ne furono avvistati oltre 260, che toccarono terra in 8 delle 9 province in cui è divisa la Corea del Sud) potessero contenere sostanze pericolose. Tuttavia, una prima analisi effettuata dalle squadre di bonifica chimico-biologica delle forze armate di Seoul ha permesso di revocare l’allerta iniziale, che invitava i cittadini a non avvicinarsi ai palloni e al loro carico e semplicemente a segnalare il loro avvistamento.

Lo scambio di “messaggi” aerei mediante palloni aerostatici tra le due Coree non è un fatto nuovo: da anni gruppi di attivisti, disertori nordcoreani che hanno ottenuto asilo nel Sud e residenti dell’“altra Corea” ne fanno uso significa inviare oltre confine volantini di propaganda, medicinali, chiavette USB contenenti video, musica e notizie vietate dal regime, denaro e perfino cibo, con l’obiettivo di fornire ai nordcoreani l’immagine di un mondo a loro chiuso dalla stretta sorveglianza cui il potere li sottomette.

Tale attività, brevemente sospesa dopo il divieto imposto nel dicembre 2020 dal governo di Seul con l’obiettivo di favorire il processo di distensione tra i due Paesi, è ripresa nel 2023 in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale che ha ritenuto il divieto lesivo della libertà di espressione . Pyongyang lo considera una minaccia alla stabilità interna e ha prontamente risposto ai lanci degli avversari con reazioni verbali e propagandistiche, consistenti nel secondo caso nell’uso di altoparlanti e nello schieramento di cartelloni pubblicitari lungo la linea di confine, nell’uso di messaggi radio e anche lancio di palloncini, con un precedente del 2016 dove il “carico” trasportato (tra cui spazzatura, mozziconi di sigaretta e carta igienica) anticipò per molti aspetti quello di fine maggio.

Poiché la Corea del Nord resta un Paese inaccessibile sotto molti aspetti, i servizi segreti sudcoreani trovano il modo di ottenere alcune informazioni, per quanto limitate, anche da questo tipo di “incursioni”: ad esempio, se gli escrementi sono di origine animale, dal loro esame è possibile risalire alla tipologia e alla qualità dei foraggi utilizzati per l’alimentazione del bestiame, mentre dai rifiuti in genere è possibile trarre indicazioni, seppure frammentarie, sul tenore di vita della popolazione.

A questo aspetto si contrappone però il rischio rappresentato dal fatto che, in una diversa circostanza, il carico legato ai palloncini potrebbe essere di natura completamente diversa (sostanze tossiche, agenti patogeni o altro), tale da rappresentare un vero e proprio pericolo diffuso per la popolazione della Corea del Sud, il cui governo è quindi costretto a mantenere un livello di attenzione elevato. In concomitanza con il lancio del 29 maggio, Kim Yo Jong, sorella del leader Kim Jong Un ed esponente di spicco della dinastia regnante, ha rilasciato un comunicato attraverso l’agenzia di stampa ufficiale KCNA in cui definisce il comportamento del governo di Seoul come “vergognoso e spudorato”. ” per aver criticato il lancio dei palloni da parte del Nord mentre, secondo Pyongyang, si ostina a difendere una fraintesa “libertà di espressione” dei suoi cittadini.

Kim Yo Jong ha definito l’invio dei palloncini come “un dono di sincerità” nei confronti dei sudcoreani, e ha promesso che ne avrebbe inviati a sud dieci volte più di quanti ne avrebbe necessari Seoul per continuare a volare oltre confine. Secondo alcuni analisti, il vero scopo dei lanci è infatti quello di testare la reazione dei sudcoreani per evidenziare eventuali dissensi nei confronti del presidente Yoon Suk Yeol, al potere dal 22 maggio 2022 e fautore di una linea più dura nei confronti della Corea del Sud. Nord rispetto a quello attuato dal suo predecessore Moon Jae-in.

Un test che probabilmente continuerà fino alle elezioni presidenziali americane previste per novembre, dal cui esito Kim Jong Un si aspetta una svolta nell’atteggiamento americano nei suoi confronti e una ripresa dei rapporti personali tra i due leader, qualora dovesse vincere Donald Trump.

L’uso dei palloni aerostatici e del loro ripugnante carico rappresenta una forma di guerra psicologica contro la Corea del Sud, l’ennesimo strumento asimmetrico che Pyongyang non esita a schierare nella convinzione di ottenere effetti dissuasivi contro Seoul senza rischiare troppo, visto il livello relativamente modesto di provocazione. ; ma costituisce al tempo stesso una dimostrazione della vulnerabilità del regime alle iniziative di propaganda e di guerra dell’informazione messe in atto dal Sud, alle quali il Nord è pronto a reagire duramente non solo sul piano verbale, minacciando un’escalation del già teso confronto tra il due Coree e i rispettivi alleati regionali e globali.

In questo senso Pyongyang ha dovuto subire un duro colpo quanto inaspettato dal nono vertice trilaterale tra Cina, Corea del Sud e Giappone che si è tenuto il 27 maggio a Seul. Al termine del vertice, i primi ministri di Cina e Giappone, Li Qiang e Fumio Kishida, e il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui chiedono, tra le altre proposte, la denuclearizzazione della penisola coreana.

Una posizione immediatamente e duramente attaccata dal regime di Pyongyang attraverso la KCNA, che ha denunciato la dichiarazione congiunta come una “palese sfida” alla sovranità nazionale e una “ingerenza inaccettabile” negli affari interni del Paese, mettendo in guardia “chiunque” dal negare alla Corea del Nord lo status di il nucleare, ritenuto “irreversibile” dopo essere stato sancito da un progetto aggiornato di Costituzione.

La KCNA non ha implicato direttamente la Cina, ma la dichiarazione trilaterale da un lato e la reazione di Pyongyang dall’altro sono un chiaro segnale di un raffreddamento, seppure temporaneo, dei rapporti bilaterali con Pechino, sottolineato anche da altri fattori come il lungo intervallo di tempo che è trascorso dall’ultimo incontro tra Xi Jinping e Kim Jong Un, risalente al giugno 2019.

A ciò si contrappone il miglioramento dei rapporti con Mosca, sottolineato sia dalla visita del leader nordcoreano in Siberia (dove ha incontrato Putin lo scorso settembre) sia dal sostegno offerto alla Russia attraverso forniture militari da utilizzare nella guerra in Ucraina. Allo stesso tempo, il ministro degli Esteri nordcoreano Choe Sun Hui ha sottolineato il desiderio comune dei due Paesi di “rafforzare ulteriormente la collaborazione strategica e tattica al fine di consolidare un nuovo ordine internazionale multipolare basato sull’indipendenza e sulla giustizia”.

Le chiavi di lettura sono diverse, ma ne emergono soprattutto due. Da un lato, la Cina non sarebbe troppo entusiasta di assistere alla crescita nelle sue immediate vicinanze di una potenza nucleare “imprevedibile” e instabile come la Corea del Nord, ora sostenuta anche dalla Russia; d’altro canto la stessa Cina vorrebbe sottolineare, soprattutto agli occhi di Washington, che non è così vicina alla Corea del Nord come sta diventando Mosca.

Foto Yonhap e KCNA

 
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