Elezioni in Turchia, 61 milioni alle urne, in gioco il destino di Istanbul e il futuro del Paese – .

Elezioni in Turchia, 61 milioni alle urne, in gioco il destino di Istanbul e il futuro del Paese – .
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AGI – Sono oltre 61 milioni gli elettori turchi chiamati alle urne per le elezioni locali previsto oggi in tutto il Paese. Si sono concluse da poco le operazioni di voto nelle 81 province. In alcune province orientali le urne hanno chiuso un’ora prima, dopo aver aperto un’ora prima rispetto all’ovest del Paese, come deciso dall’Autorità elettorale in considerazione delle ore di luce diurna in un Paese vasto come la Turchia. Le operazioni di conteggio e conteggio inizieranno immediatamente.

Quella di oggi è una data cruciale soprattutto per il presidente Recep Tayyip Erdogan, determinato a riconquistare Istanbul, la città più popolosa della Turchia che il suo partito ha perso alle elezioni del 2019. “È giunto il momento di riprendere il lavoro da dove era stato interrotto, porre fine a questo periodo di fango e sporcizia e rimetterci al servizio della popolazione come abbiamo fatto per 30 anni. La città è tornata ai problemi del 1994, sono stati 5 anni sprecati”, ha dichiarato Erdogan in una manifestazione tenutasi a Istanbul al termine della campagna a favore dei suoi candidati. Nell’ultimo mese e mezzo Erdogan non ha risparmiato energie nel tour elettorale a sostegno dei candidati del suo stesso partito, l’AKP. La capitale Ankara e la metropoli sul Bosforo hanno rappresentato la sconfitta più amara subita dal leader turco negli ultimi 25 anni. Così durava il controllo del suo partito su Istanbul, città che, con un quarto della popolazione totale del paese, rappresenta il centro nevralgico della vita politica turca. “Chi governa Istanbul governa la Turchia” è da anni uno dei mantra preferiti del leader turco, che però ha smesso di ripetere questa frase dopo la sconfitta nel 2019, subita per mano del candidato del Partito repubblicano CHP, Ekrem Imamoglu. E È proprio la sfida tra CHP e AKP a tenere oggi in bilicoanche perché i sondaggi non sembrano suggerire che il candidato scelto da Erdogan abbia ottenuto un grande successo. L’ex ministro dell’Ambiente Murat Kurum, estremamente fedele al presidente e uno dei rappresentanti più importanti della seconda generazione del partito, non ha mostrato né carisma né capacità di conquistare il pubblico durante la campagna elettorale. Nato nel 1976 nella capitale Ankara e padre di 3 figli, caratteristica apprezzata dal presidente turco, è laureato in ingegneria edile. Kurum ha fatto carriera all’interno del partito ed è stato ministro dell’ambiente dal 2018 al giugno 2023. Tuttavia, va sottolineato che Kurum per anni è stato responsabile dei programmi di ristrutturazione edilizia nelle due più grandi città della Turchia; programmi volti a sostituire i vecchi edifici con case costruite secondo i parametri antisismici previsti dopo il terremoto del 1999. Infatti, dopo il sisma che ha devastato il sud del Paese il 6 febbraio 2023, diversi scienziati hanno messo in guardia dal rischio concreto e imminente di un terremoto di magnitudo superiore a 7. Allarmi che hanno spinto Erdogan ad accelerare i programmi di ristrutturazione edilizia e la scelta di Kurum di dover essere inteso anche in questo senso. Basterà sconfiggere il sindaco in carica Ekrem Imamoglu, l’uomo che 5 anni fa inflisse a Erdogan il pestaggio più violento di tutta la sua carriera politica? Probabilmente no. Vale la pena ricordare cosa è successo nel 2019. Dopo un primo turno in cui Imamoglu ha vinto per poche migliaia di voti, in una città dove ci sono 11,5 milioni di elettori, l’AKP ha fatto appello e si è tornati alle urne. Una decisione mal digerita dall’opinione pubblica, che ha voltato le spalle al candidato presidente, il poco carismatico ex primo ministro Binali Yildirim, e ha scelto Imamoglu, la cui vittoria nella replica è stata schiacciante (circa 800mila voti in più del suo sfidante). Imamoglu, come 5 anni fa, è sostenuto dai nazionalisti Iyi Parti, Kurum dai nazionalisti MHP. Comunque 5 anni fa decisivi per la vittoria di Imamoglu sono stati i voti dei curdi dell’HDP, che però questa volta hanno un loro candidato.

Imamoglu ha comunque condotto una campagna convincente, può contare su un seguito compatto e su un carisma che dal palco gli permette di stabilire un filo diretto con chi lo ascolta. Una condanna a due anni e mezzo, considerata politica da gran parte dell’opinione pubblica, ha addirittura rafforzato la sua posizione presso gran parte della popolazione, che vedeva nella decisione dei giudici una mossa politica. Inoltre, nelle ultime tornate elettorali, Il partito di Erdogan non ha ottenuto i risultati positivi ottenuti in passato a Istanbul. Insomma, la partita si gioca nella capitale Ankara e nella metropoli sul Bosforo, in un Paese in cui la costa egea e mediterranea è da sempre in mano all’opposizione, che però non riesce a contrastare lo strapotere di Erdogan. festa nell’Anatolia centrale e sulla costa del Mar Nero. In bilico c’è l’est a maggioranza curda, dove il favorito è il partito filocurdo Hdp, insidiato però dall’AKP, che ha visto negli anni crescere enormemente il proprio consenso tra i curdi. Resta da vedere cosa accadrà nelle zone colpite dal devastante terremoto del 6 febbraio 2023. Il partito di Erdogan ha la stragrande maggioranza in molte delle 11 province colpite dal terremoto; consenso confermato nelle elezioni presidenziali dello scorso maggio, svoltesi tre mesi dopo il terremoto. Tuttavia, centri importanti come Antakya e Iskenderun sono governati da sindaci del partito di opposizione Chp e sono finiti nel mirino per la gestione del sisma. Amministrazioni che hanno subito anche l’anatema di Erdogan che ha invitato la popolazione a votare per il suo partito “per facilitare la ricostruzione e la ripresa post-terremoto”. A rendere ancora più interessante la corsa a Istanbul è l’annuncio fatto da Erdogan qualche settimana fa, con il quale ha finalmente definito il suo percorso politico. Anche se in politica tutto può succedere, secondo l’attuale Costituzione il leader turco, ora settantenne, non potrebbe candidarsi alla presidenza nel 2028 e la dichiarazione di Erdogan lascia spazio a enormi interrogativi sul futuro di un Paese di 85 milioni di abitanti, centrale per le sorti della Nato e dell’Europa. Se Kurum vincerà a Istanbul, ci troveremo di fronte ad anni in cui l’AKP di Erdogan rafforzerà ulteriormente la sua posizione, il suo controllo sulla politica economica e sulla società e punterà a preparare il terreno per un futuro firmato dall’AKP. Al contrario, una riconferma di Imamoglu a sindaco di Istanbul aprirebbe la strada a un sistema più pluralistico, ma anche a una candidatura alla presidenza che diventerebbe a questo punto inevitabile. Se Imamoglu dovesse vincere oggi nel 2028, la corsa alle presidenziali partirebbe da uno scenario completamente diverso rispetto allo scorso anno: questa volta, infatti, l’AKP del presidente dovrebbe cercare un candidato, mentre Imamoglu sarebbe il leader naturale dell’opposizione. Uno scenario che vedrebbe l’attuale sindaco di Istanbul favoritissimo alla guida del Paese, soprattutto se Erdogan dovesse davvero dare seguito alle sue parole e ritirarsi dalla scena politica.

 
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