Il Congresso di Viterbo, uno spartiacque per la destra – .

Il Congresso di Viterbo, uno spartiacque per la destra – .
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“Sei la prima donna per cui ho pianto!”
Lei era Giorgia e le lacrime erano di gioia.
Il risultato è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso sulle emozioni e le tensioni accumulate lungo il percorso che ci ha portato lì, al Congresso di Viterbo. Un percorso entusiasmante ma tutt’altro che semplice, lastricato di divisioni, rivalità e talvolta anche stupide invidie, un clima esasperato dalla consapevolezza che la posta in gioco era alta. No, non in termini di posizioni e posizioni, ma di visione del mondo e conseguente orizzonte politico.

Eravamo tutti consapevoli che il congresso di Azione Giovani era lo spartiacque per il diritto che sarebbe venuto, o almeno lo speravamo ardentemente. In effetti, per noi era troppo angusta la logica attuale con cui molti dei “grandi” hanno cercato di contaminare anche noi, riuscendo talvolta a instillare in noi divisioni che non ci appartenevano con l’obiettivo di tenerci a debita distanza. , confinati dove non potevamo disturbarci.

Idee e intraprendenza erano considerate macchie indelebili da chi pretendeva che i giovani rinunciassero alla loro giovinezza riducendosi a piccoli emuli di chi si sentiva grande, per poi dimostrare di non esserlo affatto, venendo travolti dal primo soffio. di vento.

Le querce, quelle vere, hanno resistito alla tempesta offrendo riparo e diventando legno per costruire la nave con cui salpare nel “mare lontano e sconfinato” per una traversata lunga 10 anni, superando onde apparentemente insormontabili, sfidando ogni logica e sovvertendo ogni previsione.

In vista del Congresso di Viterbo, ognuno di noi, da una parte e dall’altra, ha letteralmente dato l’anima in uno sforzo collettivo senza pari che ha prodotto una delle epoche più prolifiche non solo per la destra, ma per tutta la politica italiana: eravamo all’avanguardia l’uso orizzontale della Rete, nella sperimentazione di nuovi codici comunicativi e nella comprensione che comunità e comunità sono elementi complementari e allo stesso tempo essenziali l’una per l’altra.

Siamo stati la prima generazione a coniugare la militanza dei secchi di colla con quella digitale e, in virtù di questa nostra mentalità, ci è stato chiaro fin dall’inizio che il panopticon globale in cui Internet ci aveva proiettato richiedeva innanzitutto verità. Ancora oggi, vent’anni dopo, questa è la chiave per smantellare la resistenza di unestablishment globalizzato e globalizzante che ci vorrebbe standardizzati e quindi schiavi.

Una logica verso la quale chi è passato da Viterbo ha sviluppato anticorpi, nutrendo il proprio spirito con una passione che nemmeno il più ossessionato dei nostri avversari potrà mai scalfire, perché il nostro cuore ha sempre battuto per amore dell’Italia, non covando odio verso qualcuno.

Virtù che rappresentano l’anima di Viterbo, Generazione Atreju e Fratelli d’Italia; quella stessa anima che Giorgia Meloni incarna oggi esattamente come vent’anni fa, donando dignità a una comunità cresciuta all’ombra di querce che in alcuni casi hanno sacrificato la propria vita per difendere il nostro diritto a essere noi stessi, liberi di vivere e agire ispirati da valori tradizionali.

Anche per loro sono andate le nostre lacrime di gioia.

 
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