La Juve si ritrova all’ultima occasione. Milik regala la finale, vittoria inutile di Tudor – .

LAZIO

2

JUVENTUS

1

LAZIO (3-4-2-1): Mandas 6,5; Casale 6, Romagnoli 5.5, Gila 6 (1’st Patric 6); Marusic 6, Cataldi 6 (36’st Rovella sv), Guendouzi 6.5 (40’st Pedro sv), Hysaj 6; Felipe Anderson 5,5 (16’st Vecino 6), Luis Alberto 6,5; Castellanos 7,5 (36’st Immobile sv). Allenatore: Tudor 6.

JUVENTUS (3-5-2): Perin 6; Danilo 6, Bremer 6,5, Alex Sandro 5; Cambiaso 6 (25’st Weah 6), McKennie 5 (37’st Yildiz sv), Locatelli 6, Rabiot 6, Kostic 5.5; Chiesa 5,5 (46’st Alcaraz sv), Vlahovic 5,5 (37’st Milik 7). Allenatore: Allegri 5,5.

Arbitro: Orsato di Schio 5.5.

Gol: 13′ st e 3′ st Castellanos, 38′ st Milik.

Note: Locatelli ammonito. Calci d’angolo: 5-2 per la Juventus. Recupero: 1′; 5′.

Cambio azzeccato, cross di Weah e rete di Milik sotto porta. La Juventus all’inferno e ritorno, risorge dalle ceneri di una partita complicata contro la Lazio ed è la prima finalista della Coppa Italia in programma il 15 maggio. Il risultato finale è una sconfitta (2-1 per i biancocelesti all’Olimpico), ma vale come una vittoria per Max, grazie al 2-0 dell’andata. Perin aveva evitato di chiudere il primo tempo sotto di due gol dopo essersi arreso a Castellanos al 13′.

Passano tre minuti della ripresa prima che l’Aquila raddoppi, sempre con lo stesso Taty, che anticipa un morbido Bremer in chiusura su passaggio profondo di Felipe Anderson e non concede scampo a Perin. A più di 40 minuti dalla fine, anche la Juventus abbozza una sorta di reazione e sfiora il gol con Vlahovic, anticipato nell’area piccola da Marusic su pallone servito da McKennie. Poco dopo lo stesso Vlahovic apre lo spazio per un diagonale a lato. L’impressione è che la Juve ci metta un impegno pari alla confusione delle sue idee, mentre la Lazio a quel punto aspetta e prova a ripartire con ordine, ispirandosi al gioco di Luis Alberto.

È la solita Juve, quella del Vorrei ma non posso, velleitaria nei suoi tentativi cross che non producono alcun pericolo, più incisiva quando riesce a duettare con la palla ai piedi, ma nella scarsa capacità di Chiesa di pungiglione e dell’attacco in generale sembra rispecchiare tutta la mancanza di idee del momento bianconero. Il simbolo di questa identità ancora da trovare è Chiesa, che a volte gioca largo, a volte alle spalle di Vlahovic, con il risultato di non riuscire a trovare la strada per accendersi con continuità, la responsabilità non è solo sua.

Allegri però azzecca bene le sostituzioni: entra Weah per un Cambiaso poco convinto, entra Milik e con il primo pallone mette in porta, su tiro in diagonale dell’americano. Tutto cambia, anche il destino della Signora.

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