Il Capo dello Stato a Civitella festeggia il 25 aprile, l’Italia fascista totalmente sottomessa a Hitler – .

Il Capo dello Stato a Civitella festeggia il 25 aprile, l’Italia fascista totalmente sottomessa a Hitler – .
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AGI – “L’unità popolare intorno all’antifascismo è possibile e necessaria”. Sergio Mattarella usa le parole di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978, per spiegare come l’antifascismo sia un dovere. E per celebrare il 25 aprile, mentre nel mondo politico continuano alcuni distinguo, il Presidente ricorda chiaramente i fondamenti della Repubblica: “Il 25 aprile è un anniversario di fondazione dell’Italia: la celebrazione della pace, della ritrovata libertà e del ritorno ai ranghi delle nazioni democratiche. Quella pace e libertà che, trovando radici nella resistenza di un popolo contro la barbarie nazifascista, ha prodotto la Costituzione repubblicana, nella quale tutti possono riconoscersi, e che rappresenta garanzia di democrazia e di giustizia, di equilibrio nella negazione di ogni forma o principio di autoritarismo o totalitarismo”. Base civile per guardare al futuro, che poggia su una memoria fatta di dati storici chiari, il Presidente ha già condannato in passato ogni revisionismo: il nazifascismo perperò oltre 5000 massacri, con una “propaganda fascista che negava l’innegabile ”, con un regime che aveva un volto dai tratti “brutali e disumani”.

Dopo la deposizione di una corona all’Altare della Patria insieme al premier Giorgia Meloni e ai presidenti di Senato e Camera Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, Mattarella festeggia la Festa della Liberazione a Civitella in Val di Chiana. “Sono venuto oggi qui, in uno dei luoghi simbolo della barbarie nazifascista, per ricordare tutte le vittime dei crimini di guerra, massacrati nel 1944, sul territorio nazionale e all’estero” perché “è necessario, oggi e in futuro, al ricordo di quelle stragi e di quelle vittime. Senza memoria non c’è futuro”.

E poi la memoria ha bisogno innanzitutto di dati storici incontrovertibili. “La magistratura militare e gli storici, dopo un difficile lavoro di ricerca durato decenni, hanno finora documentato cinquemila episodi crudeli e infamanti di massacri, rappresaglie ed esecuzioni sommarie sul territorio italiano”. Una strategia dei nazifascisti per “fare terra bruciata attorno ai partigiani”, “si trattava di crimini di guerra gravissimi, contrari ad ogni regola internazionale e all’onore militare e, ancor più, ai principi di umanità”. E ancora: «All’infamia della strage di Marzabotto, la più grande commessa in Italia, ha fatto seguito un altrettanto indegno corollario: la propaganda fascista, sui giornali sottoposti a controlli e censure, negava l’innegabile, cercando di negare quanto era accaduto». Ma “totalmente sottomessa alla Germania imperialista di Hitler, l’Italia fascista, entrata nel conflitto senza alcun rispetto per i soldati mandati cinicamente a morire, non avrebbe comunque avuto scampo”.

Durante la guerra gli italiani cambiarono opinione sul fascismo: “Nella ritirata disastrosa della Russia, nei campi di El Alamein, nella brutale repressione attuata in Grecia, nei Balcani, in Etiopia, nelle deportazioni degli ebrei allo sterminio campi, nell’appoggio ai nazisti nella repressione della popolazione civile, si verificò la rottura tra il popolo italiano e il fascismo”, che “aveva da tempo scoperto il suo volto, rivelandone i veri tratti brutali e disumani”.

L’8 settembre ha gettato il paese nel caos più assoluto. “Ma molti italiani non si piegarono al disonore. Hanno scelto la via della redenzione. Un riscatto morale, prima ancora che politico” ricostruisce il Presidente. “Nasce la Resistenza, movimento che, nella sua pluralità di persone, motivazioni, origini e spinte ideali, trova la sua unità nell’esigenza di porre fine al dominio nazifascista sul territorio italiano, di instaurare una nuova convivenza, fondata sulla legge e pace”. Un popolo fatto di veterani di guerra e giovani appassionati, contadini e intellettuali, monarchici e repubblicani, uniti “per combattere, con le armi, contro l’oppressore e l’invasore”.

Ai civili si sono uniti i militari. “Ci fu l’eroica resistenza di circa 600mila soldati che, dopo l’8 settembre, rifiutarono di servire la Repubblica di Salò, il regime fantoccio instaurato da Mussolini sotto il totale controllo di Hitler. Furono fucilati e deportati: “Ben 50.000 morirono nei campi di detenzione in Germania”. Poi “ci fu la Resistenza delle popolazioni, che si ribellarono spontaneamente” e “le coraggiose lotte operaie”. Una vera e propria “Resistenza civile, senza armi, un movimento ampio e diffuso, che vide anche la rinascita del protagonismo delle donne, finalmente liberate dal ruolo subordinato” a cui il fascismo assegnava loro con un’ideologia in cui “non era prevista la pietà”. Il sottinteso era chiaro: “La Resistenza, nelle sue forme più diverse, contribuì notevolmente all’avanzata degli Alleati e alla sconfitta del nazifascismo”.

L’Italia si liberò così “dall’occupante nazista, da una guerra terribile, ma anche da una dittatura spietata che, nel corso di vent’anni, aveva soffocato i diritti politici e civili, calpestato le libertà fondamentali, perseguitato gli ebrei e le minoranze, educato i giovani persone nella religione sacrilega della violenza e dell’abuso. L’entrata in guerra, al fianco di Hitler, fu la conseguenza diretta e inevitabile di questo clima di fanatica esaltazione”.
E il capo dello Stato sottolinea anche un altro aspetto della Resistenza, perché “a differenza dei loro nemici, imbevuti del culto macabro della morte e della guerra, i patrioti della Resistenza si servirono delle armi perché un giorno tacessero e il mondo essere finalmente segnati dalla pace, dalla libertà, dalla giustizia”.

 
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