Il viaggio di Xi in Europa, come tassello nelle relazioni transatlantiche – .

Il 5 maggio il leader cinese più potente dai tempi di Mao inizierà il suo tour in Europa, dove non mette piede dal 2019. Xi Jinping avrà un itinerario di viaggio per molti versi sorprendente: visiterà un Paese leader dell’Unione , la Francia di Emmanuel Macron, e altri due paesi non proprio di spicco e non proprio tra i più “allineati” ai dettami europei, ovvero la sempre discussa e molto antidemocratica Ungheria di Viktor Orban e la Serbia quasi “filo-russa”, dove l’Assemblea nazionale ha appena votato la fiducia al gabinetto del primo ministro Miloš Vučević, che prevede la presenza dell’ex capo dell’intelligence Aleksandar Vulin e del proprietario di aziende con sede in Russia Nenad Popović.

Insomma, Xi è in viaggio verso la lontana Europa con un programma di viaggio non certo casuale o “di rappresentanza”; ma con molti significati espliciti e molti altri nascosti. Ma si comincia con la tappa di Belgrado, che si svolge – non certo a caso – nella settimana del 25° anniversario del bombardamento americano dell’ambasciata cinese nella capitale serba, uno degli eventi più traumatici della recente storia cinese, che ha portato Russia e Cina più vicine in un comune sentimento antiamericano. Anche la scommessa da Orban non si tratta certo di una causalità, visto che – oggi – l’Ungheria è senza dubbio la “testa di ponte” della penetrazione economica e politica di Pechino in Europa, con Budapest che – non dimentichiamolo – faceva parte di quel gruppo di paesi che inizialmente si opposero al piano dell’Ue inserire nella lista nera alcune aziende cinesi per la fornitura di tecnologia utilizzata nelle armi russe. Insomma, come abbiamo recentemente ricostruito anche da queste colonne, Per Pechino Budapest costituirebbe uno snodo fondamentale e un avamposto del Dragone nell’area Ue, insieme alla vicina e piccola Serbia. Una notizia che non piace certo a Bruxelles, dove la crescente affinità del Paese ungherese con Pechino ha già creato una spaccatura all’interno dell’Unione.

Quanto accaduto a Belgrado nell’anniversario del 7 maggio 1999 non è stato certo dimenticato in Cina, dove è ancora diffusa l’indignazione per quello che venne percepito come un vero e proprio oltraggio da parte dell’Occidente, quando la NATO bombardò l’ambasciata cinese a Belgrado, uccidendo tre giornalisti cinesi. . Gli americani, presieduti da Bill Clinton, hanno detto che si è trattato di un tragico errore, attribuito a mappe errate. Ma questa versione dei fatti non ha mai convinto i cinesi e d’altronde la Cina era uno di quei paesi che, insieme alla Russia, si era opposto a quella guerra della NATO all’ONU. Successivamente, un’inchiesta del britannico Guardian fece sorgere il dubbio che quel bombardamento non fosse stato un errore e così i fatti del 7 maggio 1999 in Cina furono definiti come il debito di sangue della NATO nei confronti del popolo cinese.


Viktor Orbán e il suo amico cinese

di Marco Lupis

Anche la tappa più importante della missione di Xi, quella a Parigi, è legata a un anniversario, quello dei 60 anni di relazioni diplomatiche tra Francia e Cina, due Paesi che, nonostante le recenti tensioni di politica internazionale, hanno comunque proseguito il loro percorso di riavvicinamento. E significativo in questo senso è stato l’ultimo viaggio di Macron a Pechino, nell’aprile 2023, quando, dopo l’incontro con Xi, il presidente francese ha mostrato una certa distanza nei confronti della politica statunitense nei confronti della Cina e in particolare nei confronti di Taiwan, affermando che poiché l’Europa non ha ancora riuscita a risolvere la crisi in Ucraina, non ha potuto impegnarsi in modo credibile su Taiwan. Il rapporto che Macron ha detto di voler ricercare con Pechino rientra in questa strategia, una strategia che – ovviamente – non dispiace affatto ai cinesi. Secondo le dichiarazioni dell’Eliseo, gli scambi che avranno i due leader si concentreranno sulle crisi internazionali, in primis la guerra in Ucraina e la situazione in Medio Oriente, ma anche su questioni commerciali, sulla cooperazione scientifica, culturale e sportiva tra i due Paesi. : “La Cina – si legge in una dichiarazione del Ministero degli Esteri a Pechino – è ansiosa di lavorare con la Francia attraverso questa visita per rafforzare ulteriormente la fiducia politica reciproca e la cooperazione, in modo da poter elevare congiuntamente il nostro partenariato strategico globale e dare slancio ad un solido e stabile sistema delle relazioni Cina-Unione Europea”. Ma al di là degli slogan ufficiali, gli intenti di Xi sono molto chiari, in un momento in cui anche i media cinesi, quando parlano di rapporti tra Cina e Francia, insistono molto sul concetto di indipendenza, ponendo molta enfasi sull’anniversario dei 60 anni fa, quando, scrive il portavoce del Partito comunista cinese al potere, “guidate dallo spirito di indipendenza, Cina e Francia presero l’iniziativa di rompere le barriere della Guerra Fredda e realizzare una storica stretta di mano”. Anche il quotidiano francese Le Monde, in un editoriale, ha sottolineato questa “indipendenza privilegiata” nei rapporti tra l’Eliseo e la Città Proibita, scrivendo che negli ultimi 60 anni Cina e Francia hanno sempre aderito a scelte strategiche indipendenti, favorendo l’apprendimento reciproco tra civiltà attraverso scambi paritari e rispondendo congiuntamente alle sfide globali attraverso il coordinamento multilaterale.

Insomma, il messaggio, per Xi, è chiaro: l’intento è quello di usare questa “indipendenza privilegiata” nei rapporti con la Francia come un cuneo per insinuarsi e magari creare una spaccatura nella politica estera comune di Bruxelles nei confronti di Pechino e – ancora di più – tra Bruxelles e Washington…


Piuma e ferro. Xi tende una mano agli Stati Uniti, ma con l’altra tiene in piedi Putin

Piuma e ferro. Xi tende una mano agli Stati Uniti, ma con l’altra tiene in piedi Putin

di Giulia Belardelli

Ma torniamo alla tappa ungherese del prossimo viaggio di Xi, il Paese governato Orban avrà la sua ricompensa per la lealtà dimostrata a Pechino. Xi e OrbanDurante la visita del leader cinese annunceranno infatti che la casa automobilistica cinese Great Wall Motor Ltd. aprirà uno stabilimento in Ungheria, ha riferito oggi Radio Free Europe. La cinese Contemporary Amperex Technology Co. Ltd. si è già impegnata a costruire lì un impianto da 7,6 miliardi di dollari in collaborazione con Mercedes-Benz AG, considerato il più grande investimento diretto estero mai realizzato in Ungheria che creerà circa 9.000 posti di lavoro. L’Ungheria sta anche valutando la possibilità di utilizzare prestiti, subappaltatori e tecnologia cinesi per costruire una nuova ferrovia ad alta velocità, che fungerebbe da vetrina per la Cina per garantire ulteriori progetti infrastrutturali all’interno dell’Unione Europea, ma questo non basta. Le aziende Dragon stanno incrementando i loro investimenti in Europa al ritmo più veloce degli ultimi otto anni, e non solo nell’amichevole Ungheria – dove la casa automobilistica BYD Co. l’anno scorso ha annunciato l’intenzione di costruire una fabbrica – ma anche nell’insospettabile Spagna, dove Chery Automobile Co. ha firmato un accordo in aprile per rilevare una vecchia fabbrica Nissan, per produrvi veicoli elettrici.

Ma al di là dei toni trionfali, la verità è che la missione di Xi in Europa rischia di avere tutte le caratteristiche di una missione di salvataggio. Quando il presidente cinese sbarcherà nell’Unione Europea questo fine settimana, dopo cinque anni, troverà la geopolitica della regione radicalmente cambiata rispetto al 2019. Fino a dicembre 2020, con l’aumento delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, Xi sembrava aver assicurato l’equilibrio strategico dell’Europa. neutralità stipulando un accordo sugli investimenti con l’UE. Firmato meno di un mese prima dell’insediamento del presidente Joe Biden, l’accordo è stato giustamente visto come uno schiaffo in faccia agli Stati Uniti e un enorme impulso per la Cina. Ma nel frattempo, l’accordo è stato accantonato, in gran parte grazie alla sconsiderata ritorsione della Cina dopo che il Parlamento europeo ha sanzionato i funzionari cinesi accusati di violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. E l’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin ha inferto il colpo fatale a ogni speranza di Xi di una partnership sino-europea vantaggiosa per tutti: l’Europa oggi vede la Cina come un facilitatore di Putin perché il suo crescente commercio con la Russia ha contribuito a sostenere l’economia di Mosca e gli sforzi bellici.

Tuttavia, Xi ha buone ragioni per credere che la Cina non abbia perso del tutto l’Europa, soprattutto perché non vi è dubbio che entrambe le parti hanno forti incentivi a evitare un rapporto eccessivamente conflittuale, e per questo dovrebbero almeno riuscire a trovare un livello più alto stabilizzare i legami. Alla base di questa valutazione c’è il presupposto che l’Europa spera ancora di trovare una via di mezzo che la collochi da qualche parte tra la neutralità strategica e il pieno impegno a favore della posizione degli Stati Uniti nei confronti della Cina. Dal punto di vista cinese, il sostegno ad una nuova guerra fredda con la Cina è molto più debole in Europa che negli Stati Uniti. E questo – possiamo starne certi – sarà il faro che guiderà Xi nel suo prossimo mini-tour europeo: trovare modi e mezzi per allontanare l’Unione dal suo storico alleato d’oltreoceano.

 
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