i programmi di cambio di paradigma per una nuova stagione – .

i programmi di cambio di paradigma per una nuova stagione – .
i programmi di cambio di paradigma per una nuova stagione – .

Grandi trasformazioni avvengono quando la consapevolezza di sostituire il lamento con il duro lavoro diventa una fiducia contagiosa. Produce organizzazione. Valorizza il bene che già esiste, così poco conosciuto, e attrae capitali nazionali e internazionali. Permette di adottare modelli di lavoro competitivi e monitorare le catene di distribuzione. Trattiene i giovani talenti perché scelgono di vivere dove i loro progetti di crescita professionale e di qualità della vita possono essere meglio realizzati. Il lavoro produttivo è il futuro.

Viviamo in un mondo capovolto segnato da nuove centralità. Il primo riguarda la pandemia che ha riconfigurato le catene logistiche globali accorciandole. Il secondo è legato ai carri armati di Putin in Ucraina che hanno spezzato i fili dell’asse Est-Ovest, togliendo alla Germania il vantaggio delle materie prime energetiche russe e delle fiches cinesi a basso costo e rilanciando il nuovo asse Sud-Nord con al centro la Mediterraneo. Il terzo si concretizza con il conflitto mediorientale che si aggiunge alla polveriera a cielo aperto dell’Africa e mette in gioco il patrimonio di speranza, fatto di risorse giovanili e giacimenti di materie prime energetiche e di terre rare, che appartiene al Mediterraneo allargato e obbliga l’Occidente ad affrontare la crescente pressione demografica del Sud del mondo.

In questo nuovo scenario geopolitico Napoli è la capitale del Mediterraneo e il Mezzogiorno italiano non è più periferia, ma centro: motore di pace e sviluppo nell’area cruciale del nuovo mondo, luogo di incontro delle religioni, suo potenziale grande hub energetico e possibile El Dorado dei capitali internazionali . Agli occhi degli investitori globali sta diventando sempre più uno spazio vitale per l’Italia e l’Europa. Il paradigma è cambiato. Da area marginale ad opportunità storica per il Nord del Vecchio Continente e la sponda Sud del Mediterraneo. Occasione storica, soprattutto per noi, se saremo all’altezza.

Il Sud italiano è oggi il primo dei Sud del mondo a maggioranza autocratica, banalmente perché è il più sicuro, regolamentato con le norme di un Paese del G7, situato in una posizione strategica che nessuno potrà toglierci.

Il nuovo Sud ha contribuito in modo significativo al record di crescita europea dell’Italia dal post-Covid a oggi e può aspirare a unire progressivamente il Paese anche sul piano economico e sociale. Assicurare finalmente il contributo che manca da decenni alla crescita nazionale e far sì che essa diventi strutturale e duratura. Tutto ciò, però, è possibile a condizione che siano soddisfatte due condizioni.

Prima condizione. Cambiare la narrazione del nostro Sud, che non significa inventarne una, ma documentare il valore che esso ha e che troppi ignorano affinché la già citata fiducia contagiosa che ne deriva aiuti a portare a termine il grande lavoro che resta da fare. Quanti sanno che nel 2023 Napoli e la Campania sono state la prima città e la prima regione per crescita dell’export manifatturiero? Che nell’inverno italiano delle auto targate Stellantis la capitale non è più Mirafiori, ma Pomigliano d’Arco con il suo patrimonio di tecnologia e ingegneri specializzati? Quanti sanno che Bari è un’eccellenza per la cybersecurity e Catania per i pannelli solari del futuro? Che il primato dell’intelligenza artificiale spetta all’Università della Calabria? Che gran parte della nuova occupazione stabile del Mezzogiorno riguarda le professioni di domani, digitale e innovazione? È chiaro a BlackRock e all’Agenzia Internazionale per l’Energia, ma quanti di noi sono consapevoli che alimentare i data center di tutto il mondo, necessari per il funzionamento dell’intelligenza artificiale, richiederà energia elettrica pari a quella prodotta ogni anno dal Giappone per sostenere la sua economia, e che il Mezzogiorno italiano è tra i candidati alla loro localizzazione grazie alla sua enorme ricchezza di risorse naturali?

Seconda condizione. Vanno rimossi i massi del ritardo strutturale italiano che ha portato ai divari anomali di Pil pro capite tra Nord e Sud, aree metropolitane e interne, ai divari nell’occupazione giovanile e femminile e allo spopolamento che tanti danni provocano all’intero Paese . Servono visione e capacità operativa nell’utilizzo di tutti i fondi europei per rimuovere i vincoli del contesto infrastrutturale materiale e immateriale con un metodo che metta fine allo scempio della spesa sociale attuale del passato e utilizzi l’arma più potente, il digitale uno, al confine della legalità, per liberare un’economia sana e ridurre le connessioni malate tra politica, burocrazia e criminalità. Occorre investire nel capitale umano per consentire alle amministrazioni di recuperare efficienza rispondendo in tempo reale ai bisogni delle persone e delle imprese e uscire dalla palude della frammentazione decisionale italiana. È necessario che l’intuizione politica del Piano Mattei di Giorgia Meloni, che affonda le sue radici nella cultura solidale italiana delle famiglie La Pira e Moro, venga condivisa dall’opposizione e diventi, con il peso politico internazionale ormai riconosciuto da chi guida il nostro governo, base comune del potere finanziario e una cultura non predatoria che solo una nuova Europa può esprimere. Permettere che le università e gli istituti tecnici delle due sponde del Mare Nostrum si uniscano negli studi e nei tirocini per formare la classe dirigente euromediterranea di domani.

Affronto la direzione de Il Mattino con un tumulto di emozioni che riflettono il peso della storia del giornale e i ricordi indelebili di quella nave scuola che fu per me quando vi approdai dopo una lunga gavetta nei giornali locali. Voglio ringraziare l’editore, Francesco Gaetano Caltagirone, che molto tempo fa per primo scommise su di me con la direzione de Il Messaggero, e che oggi mi offre l’opportunità di cimentarmi in una sfida ancora più stimolante. Darò il massimo come ho sempre fatto a Roma e a Milano, ora finalmente a Napoli. Anche perché non saprei fare diversamente. Chi mi conosce lo sa bene. Devo un ringraziamento speciale a Francesco de Core che ha diretto questo giornale con merito e dedizione totale e ha accettato di condividere con me questa nuova entusiasmante sfida pur rimanendo nella squadra come vicedirettore. So di poter contare su una redazione straordinaria e il primo lavoro di squadra collettivo su cui verremo giudicati è il nostro. Starà a me muovere i fili giusti per ciascuno. Per guardare al futuro senza mai perdere la lezione Giancarlo Sianivittima della vigliacca ferocia della camorra, la cui eredità costituisce per noi un assoluto vincolo morale e un irrinunciabile impegno professionale.

L’obiettivo, cari lettori, è far sì che il vostro giornale, in un dialogo serrato tra noi sulle grandi e piccole cose, il quotidiano nazionale del Mezzogiorno. Perché questa voce che oggi appartiene al nuovo mondo possa contribuire a costruire un’agenda su cui convergono tutte le forze politiche, economiche, sociali e del mondo accademico. Vincere questa sfida coincide con l’interesse nazionale. Serve sia il Nord che il Sud. Contribuisce a costruire una nuova Europa da protagonisti che possa competere ad armi pari con Stati Uniti e Cina.

Vuol dire rilanciare, in un contesto globale diverso, l’epoca d’oro del dopoguerra della coerenza meridionale di De Gasperi e di uomini del calibro di Menichella, Pescatore, Saraceno. Un patrimonio di competenze che ha contribuito a trasformare in due decenni un Paese agricolo di secondo livello in una potenza economica mondiale, ma che è stato frantumato tra la metà e la fine degli anni Settanta da una deriva ideologica che ha poi fatto allargare nuovamente quei divari. si stavano restringendo. Vuol dire consolidare la rinascita di Napoli che riguarda anche l’industria ma anche i servizi. Il boom turistico e i suoi tesori culturali. Custode com’è di un passato glorioso e di un presente che sta costruendo un futuro unico al mondo. Questo Napoli ora ha bisogno di consolidare la sua squadra di venditori per fare uno o due colpi di stato che stabiliscano la sua fiducia globale. Qualche multinazionale del futuro dovrà scegliere Napoli non per creare un’Accademia, ma per collocare qui il suo “quartier generale”. Serve una squadra altrettanto agguerrita di figure specializzate a livello centrale per vendere il prodotto del Sud sul mercato dei candidati alla leadership della nuova globalizzazione breve, diventando il polo di attrazione dei data center e rendendolo un candidato ancora più forte sostenendo la crescita dell’energia produzione intensiva.

La rinascita di Napoli e del Mezzogiorno si nutre dei risultati raggiunti e degli obiettivi rilevanti da raggiungere. È il suo gioco capitale che permette di mettere in atto la resistenza attiva che prevale sulla vittoria di Pirro della Lega sull’autonomia differenziata. Perché sui diritti di cittadinanza non si discute, ma c’è solo un modo per perderli per sempre ed è la resistenza passiva. Il che, come abbiamo visto finora, non porta da nessuna parte. Anche qui è necessario un cambio di paradigma. Che non sono i livelli essenziali di prestazione, ma la reale uguaglianza dei diritti di cittadinanza su sanità, scuola e trasporti in un Paese unito nella capacità di produrre reddito e lavoro. Perché l’Italia è una e non possono esserci cittadini di serie A, B, C e, talvolta, anche Zeta.

 
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