Nel 2023, in provincia di Ragusa il numero dei decessi è stato simile a quello registrato durante la pandemia. I dati si leggono tra le colonne e i numeri contenuti nell’ultimo aggiornamento Istat sui decessi che, con l’ausilio di grafici, mette a confronto i due anni di pandemia con il 2019 e il 2023, il prima e il dopo. Soprattutto dopo, la differenza tra il numero dei decessi nel biennio 2020-2021 non è così marcata come negli altri otto territori dell’Isola. In sintesi: qui, nel 2023, ha continuato a morire una percentuale di persone più alta che nelle altre province siciliane.
Il confronto
Mentre la differenza percentuale tra i decessi 2021 e 2023 in Italia è stata del 6,8% (-48.435) e in Sicilia dell’8,8% (-3.114), nel Ragusano è stata del 4,1%. Espressa in numeri: nel 2021 sono morte (per varie cause) 3.457 persone nei dodici comuni iblei; nel 2023 i decessi registrati sono stati 3.315 (“appena” -142).
In altre province, invece, il divario tra il biennio sfortunato e il primo anno post-Covid è stato più netto. Caltanissetta ha registrato i decessi -16,5%, Agrigento -12, Enna -11,9, Siracusa -11,1. Per trovare quello più vicino ai dati di Ragusa bisogna andare a Trapani: -7%.
Perché?
Difficile dare una risposta certa, sono necessarie ulteriori indagini. Sembra del tutto inutile dare la colpa ai vaccini, vista l’evidente disomogeneità delle percentuali. Potrebbe essere esattamente il contrario: negli anni del Covid qui ci sarebbero stati meno morti che in altre zone. Quest’ultima ipotesi sarebbe supportata da un altro confronto: la media dei decessi nel quinquennio 2015-2019 con il numero dei decessi nel primo anno di pandemia, il 2020. Quell’anno, nel ragusano si contarono 3.418 decessi ( +6,9%) contro le 3.196 medie registrate nel periodo 2015-2019. Sempre in termini percentuali, nelle province di Enna, Palermo e Siracusa si sono registrati significativamente più decessi.
Altre cause andrebbero invece ricercate nella mancata prevenzione e cura delle patologie, per il mancato o ritardato accesso ad ospedali e cliniche.
I mesi neri
Esaminando i grafici è possibile vedere i mesi in cui si sono verificati più decessi nei dodici comuni. Nel 2021 agosto è stato il mese più triste a Ragusa, così come a Vittoria, Ispica, Scicli. Aprile infausto a Modica, Comiso, Monterosso Almo e Santa Croce Camerina. Picco di morti a marzo ad Acate, maggio a Pozzallo, giugno a Giarratana, luglio a Chiaramonte Gulfi.
Senza Covid (o quasi), lo scorso anno il maggior numero di decessi andava da gennaio a Ragusa, Giarratana, Monterosso, Scicli, a dicembre (Acate), passando per febbraio (Modica e Comiso), giugno (Pozzallo), luglio (Vittoria, Ispica, Santa Croce) e Agosto (Chiaramonte).
Le fasce d’età più a rischio
Nel sud-est della Sicilia, se l’età compresa tra 85 e 89 anni è comprensibilmente la fascia in cui si registrano i maggiori decessi, spicca anche il dato relativo ai decessi tra 50 e 54 anni.
Le regioni più colpite
Come riportano notizie ancora ben impresse nella memoria, la Lombardia è stata la regione dove il Covid ha colpito più duramente (+36,6% i decessi nel 2020 rispetto alla media 2015-2019). Seguono Trentino-Alto Adige (+26,6%), Valle d’Aosta (+24,8%), Piemonte (+22,9%), Emilia-Romagna (+17,2%).
Aspettativa di vita
Nei giorni scorsi Eurostat ha pubblicato i dati preliminari sulla vita nell’UE nel 2023. Rispetto al 2022 si registra un aumento di 9 mesi rispetto al 2022 e di 2 mesi rispetto al 2019. Con 83 anni e 8 mesi, l’Italia è seconda dopo la Spagna (84) e davanti a Malta (83 anni e 6 mesi). L’aspettativa di vita più bassa si registra in Bulgaria (75 anni e 8 mesi), Lettonia (75 anni e 9 mesi) e Romania (76 anni e 6 mesi).
Se la media supporta questi dati, in Italia la componente socioeconomica, gli stili di vita e il funzionamento del Servizio sanitario nazionale influiscono sulla buona salute degli anziani. Infatti, le regioni dove si registra l’aspettativa di vita più bassa sono la Calabria, la Sicilia e la Campania, quest’ultima sotto gli 81 anni.