Proposta innovativa per chiudere le cave del Parco e salvare posti di lavoro. – .

Il titolo è una scommessa. Ma è possibile farlo? Salviamo le Apuane ci crede e lo propone. L’articolo 3 dello Statuto del Parco delle Alpi Apuane recita: Scopo 1. L’Ente persegue il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali; la tutela dei valori naturalistici, paesaggistici e ambientali; il ripristino dell’ambiente naturale e storico; il recupero delle strutture alterate in funzione della loro destinazione d’uso sociale; la creazione di un rapporto equilibrato tra attività economiche ed ecosistemi. 2. Tali obiettivi sono perseguiti attraverso una gestione unitaria, particolare e continuativa per garantire la conservazione, la valorizzazione e lo sviluppo dei beni tutelati. Condividiamo l’articolo e, nello specifico, richiama l’attenzione sulla frase “la creazione di un rapporto equilibrato tra attività economiche ed ecosistemi”. Non sfugge che questo passaggio si riferisce alla particolarità del Parco, ossia la coesistenza di un’area protetta e di un’attività estrattiva che, per sua natura, modifica profondamente l’ambiente naturale. Poiché nelle Alpi Apuane l’attività mineraria costituisce la maggiore fonte di occupazione, si ritiene che, tout court, tale attività debba essere difesa ovunque. Ma le Alpi Apuane, nel corso degli ultimi decenni, si sono molto diversificate, diventando, di fatto, due entità molto diverse tra loro. Da un lato il territorio compreso nei confini del Parco Regionale delle Alpi Apuane e dall’altro la parte delle Alpi Apuane esterna al Parco. Nella seconda parte, l’attività estrattiva è evidentemente maggioritaria. Ma la prima parte ha avuto uno sviluppo ben diverso, grazie all’attività del Parco Regionale e alle iniziative della Regione Toscana e dei Comuni che hanno finanziato (dal PSR in poi) molti interventi di sviluppo economico diverso da quello minerario e soprattutto nel campo delle turismo (il Geoparco UNESCO, le 3 Grotte Turistiche, alloggi, ristorazione, prodotti tipici, escursionismo, alpinismo, didattica, ecc.). A ciò si aggiunge la notevole azione svolta dal CAI, dalle associazioni speleologiche, dalle Guide Parco che hanno organizzato la rete sentieristica (vasta come dimostra la mappa interattiva del sito del Parco delle Apuane) e la rete speleologica, attrezzando anche una serie di rifugi alpini di altissima quota. Ampia, inoltre, è stata l’azione dei privati ​​che hanno realizzato agriturismi, B&B, case vacanza, alberghi e affittacamere. Ciò ha creato un quadro molto interessante in cui, nel territorio interno al Parco, l’attività economica prevalente è essenzialmente il turismo e le attività sostenibili, rispetto all’attività estrattiva e, nel territorio esterno al Parco, l’attività prevalente è quella estrattiva. Conseguentemente va evidenziato che il citato Statuto, relativo all’Ente Parco, non può che vedere nel turismo e nei settori connessi l’attività con cui ritrovare l’equilibrio e tutelarsi armonicamente con l’ambiente e non nell’attività estrattiva che non è predominante nel Parco. Occorre quindi, dal punto di vista economico, prendere atto che le Alpi Apuane sono costituite da due aree ben distinte: quella interna al Parco e quella esterna. Il primo mantiene un ambiente ancora in gran parte protetto, tutelabile e ricostruibile dove oggi sono presenti le cave mentre il secondo, soprattutto a Carrara, è infatti irrecuperabile dal punto di vista ambientale ma è divenuto un bacino estrattivo industriale. L’obiettivo, stabilito dalla Costituzione, per tutti, è trovare un equilibrio tra le esigenze di tutela dell’ambiente e la necessità di salvaguardare i posti di lavoro.

Save the Apuan Alps offre una soluzione semplice, in 5 punti, per farlo.

  • Identificare e specializzarsi come l’unico sito di estrazione industriale del marmo di grande potenza, i grandi bacini storici di Carrara e gli unici di tutte le Alpi Apuane.
  • Specializzare il turismo e l’indotto come attività principale all’interno del Parco delle Apuane eliminando dai suoi confini le cave di marmo, in quanto incompatibili con ragioni di tutela ambientale e di attrazione turistica (eliminando le Aree di Cava Contigue).
  • Attivare l’obbligo, previsto dalla LR 35/2015, che il 50% del marmo scavato venga trasformato in sito (nelle Alpi Apuane) e riattivare/creare numerosi laboratori di lavorazione di qualità del marmo estratto a Carrara ma localizzato nei Comuni che hanno visto chiudere le cave sul loro territorio, così da riassumere l’organico degli ex cavatori locali. I laboratori riceveranno il marmo in blocchi direttamente dai bacini di Carrara, anche via treno, per limitare la circolazione dei mezzi inquinanti (camion).
  • Avviare un’azione di marketing territoriale con la Regione Toscana per valorizzare il brand Made in Italy Marmo di Carrara, marmo di Michelangelo per poter competere – con una qualità d’immagine insuperabile – con la concorrenza dei marmi provenienti da altre nazioni e continenti.
  • Completare il processo individuato dalla Legge 394/1991 (Legge Quadro delle Aree Protette) con la realizzazione del Parco Nazionale delle Alpi Apuane e dell’Appennino Tosco-Emiliano riunificazione del territorio individuato dalla legge, nonché fonte di finanziamento nella fase di primo avvio.

Questa soluzione consente:

  • proseguire lo scavo come da normativa vigente a Carrara, dove i bacini sono in assoluto i più grandi e ricchi di marmi e marmi pregiati;
  • eliminare dal Parco delle Apuane le attività incompatibili con la tutela dell’ambiente quali le cave (e le Aree Cavarie Contigue);
  • salvaguardare l’occupazione nei Comuni del Parco convertendo i cavatori (che svolgono lavori faticosi) in operai di laboratorio (il cui lavoro non è faticoso);
  • poter utilizzare il marchio Made in Italy Carrara Marble come elemento vetrina sia dell’ambiente di cava che dell’ambiente naturale apuano;
  • avere un ente nazionale (e non solo regionale) come un Parco con un peso, anche economico, molto più forte.

Salvare le Alpi Apuane e il lavoro Apuani è possibile riunificando un territorio fortemente diviso e conflittuale tra le ragioni della difesa del lavoro e dell’ambiente. Richiede uno sforzo da parte di tutti, dalle istituzioni democratiche, ai sindacati, alle associazioni, alle imprese, alla Chiesa, alla società civile. Ma si può fare.

 
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