A cosa serve l’Europa? Ecco i motivi per votare

A cosa serve l’Europa? Ecco i motivi per votare
A cosa serve l’Europa? Ecco i motivi per votare

«Non c’è futuro per i cittadini europei se non nell’Unione». Sono parole di Jean Lunetuniversalmente considerato il padre di Comunità Economica Europea. Era il 1950. Da allora si è costruito molto e oggi l’Europa si trova di fronte a nuovi rischi: come intendiamo affrontarli? L’esito delle elezioni dell’8 e 9 giugno orienterà il futuro dell’Europa, che non potrà mai essere più forte e più democratica se metà della popolazione non andrà a votare. Se guardiamo all’Italia vediamo che nel 2022 l’astensione dalla politica arriva a 36,1%. I cittadini votano quindi sempre meno, e ancor meno, alle elezioni europee: nel 2019 il 45,5% della popolazione contro il 29% del 2004.

Coloro che votano per la prima volta

In tutta l’Ue, su un totale di 359 milioni chiamati al votoCi sono 23 milioni di giovani chi voterà per la prima volta. La tendenza, soprattutto nei Paesi fondatori, è che l’astensione sotto i 35 anni sta diminuendo. In Italia i 18-34 anni Sono 10 milioni, di cui quasi 2,8 nuovi giovani elettori. Cosa possiamo aspettarci da loro? Con Davide Angelucci (Unitelma, La Sapienza) di cui abbiamo elaborato i sondaggi elettoraliStudi sulle elezioni nazionali italiane (Itanes) e il gruppo di ricerca diStudi sulle elezioni europee (Ees) che fa parte delle istituzioni accademiche di tutta Europa.

I dati mostrano che gli over 35 sono molto più interessati alla politica interna, mentre dai 35 anni in giù le elezioni europee sono considerate importanti quanto le elezioni politiche. Possiamo quindi affermare con ragionevole certezza che i più giovani non considerano il voto per il Parlamento europeo solo un referendum che esprime il loro consenso al governo di turno; cosa che purtroppo emerge dalla campagna elettoraledove il conflitto politico ruota più su questioni interne che sul potenziale dell’UE.

Il peso del Parlamento Europeo

Diamo un’occhiata alle ultime elezioni: nella banda 35-54 anni si astiene dalle Politiche 2018 31%e il 44% ai Campionati Europei 2019. Anche per il oltre i 55 Aumenta l’astensione alle elezioni europee: si parte 25-28% al 36%. Tra i 18-34 anni nelle elezioni politiche europee del 2018, 2019 e 2022, l’astensione è da 38-40%cioè praticamente la stessa cosa, indipendentemente dal fatto che si tratti di votare per eleggere il governo italiano o di chi ci rappresenta a Strasburgo.

Concentriamoci ora sulla Gen Z, ovvero i nati tra il ’97 e il 2012. È la generazione che si mobilita contro il riscaldamento climatico con «Venerdì per il futuro», la difesa dei diritti umani e LGBTQ+, condanna il body shaming e il bullismo. Sono soprattutto questi giovani che ora devono assumersi la responsabilità di scegliere da chi vogliono essere rappresentati per l’Europa di domani, altrimenti lo farà qualcun altro per loro. Hanno fatto il loro debutto di massa alle elezioni del 2022 dove ci sono stati 4,7 milioni di nuovi elettori: ebbene in quell’occasione l’astensione della loro generazione cadde al 35%. Un segno che fa ben sperare. Ma cosa ha fatto l’UE per i giovani?

Dall’Erasmus agli stage retribuiti

Erasmo dal 1987 ovvero il «Programma d’azione comunitario per la mobilità degli studenti universitari», suggerito dai docenti italiani Domenico Lenarduzzi e Sofia Corradi, ha consentito a 15 milioni di ragazzi di frequentare gratuitamente un’università straniera. E dal 2014 il programma è stato esteso anche agli studenti delle scuole superiori. Tra il 2021 e il 2027 sono stati messi a disposizione 26 miliardi di borse di studio per 10 milioni di studenti (qui). Una costola dell’Erasmus è DiscoverEU, meglio conosciuto come il vecchio Interrail, che ha un fondo di 41 milioni per il 2024. Il programma offre ai 18enni un biglietto del treno valido un mese per visitare i paesi dell’Ue (qui). Dal 2018 ne hanno usufruito quasi 250mila giovani. I candidati devono rispondere a un quiz sull’UE in generale e su altre iniziative dell’Unione europea rivolte ai giovani. Il portale Erasmusintern.org rende disponibili apprendistati o stage retribuiti in tutti i paesi membri e in altri come la Norvegia. E proprio sui tirocini, che oggi in Italia sono garantiti per legge solo 300 euro al mese, il Parlamento europeo è al lavoro per approvare una legislazione che garantisca una remunerazione capace di coprire bisogni incomprimibili (cibo, vestiario, alloggio, trasporti) e basata sul costo della vita dei singoli Stati (qui). È attivo il fondo da 1 miliardo per regalare a 270mila giovani un’esperienza di volontariato retribuito dai 2 ai 12 mesi (qui e qui) nei Paesi Ue. Per chi vuole avviare un’attività in proprio c’è la possibilità di accedere ad un microprestito da 25mila euro (tecnicamente si chiama «Strumento di microfinanza Progress», qui pag. 80).

Affare verde

L’Europa è stata la prima a preoccuparsi della salute del pianeta dove vivranno i giovani, imponendo la riduzione delle emissioni inquinanti. E gli altri paesi poi hanno dovuto fare lo stesso. L’obiettivo dell’UE è ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto al 1990. Raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Non è un caso che lo strumento con cui si finanzia il costo della transizione ecologica per cittadini e imprese con 1000 miliardi (qui) si chiami “Next Generation Eu”.

Acquisti on-line e via Internet

L’Unione Europea promuove la connessione Wi-Fi gratuita nelle piazze, nelle biblioteche e negli edifici pubblici con un finanziamento di 15mila euro per ciascun Comune che fa partire i progetti (qui). Quando lasci il tuo Paese ed entri in un altro Paese dell’UE, dal 2017 non pagherai più costi aggiuntivi servizi telefonici grazie al regolamento UE che ti permette di utilizzare il tuo smartphone pagando la stessa tariffa di casa. Lo dobbiamo a una regola dell’Unione (qui) la possibilità di restituire gli acquisti effettuati online entro 14 giorni, senza dover fornire alcuna giustificazione.

Per donne

Poi ci sono le categorie dei maggiori astensionisti: le donne, i disoccupati, il Sud. Una donna su due non ha votato alle ultime elezioni europee (rispetto al 27% degli uomini). Eppure il nostro Paese ha raccolto 14,8 miliardi dal Fondo Sociale Europeo 2021-2027 (qui e qui): parte di questi soldi dovrà essere spesa per aumentare parità salariale e occupazione femminile che, secondo i dati Eurostat, è in condizioni terribili. Tra i 20 ei 64 anni in Italia lavora solo il 56,5% delle donne contro il 70,2% della media Ue. Anche il divario tra occupazione maschile e femminile è di 19,5 puntiquasi il doppio della media UE, che si ferma a 10,3% (Qui). Grazie ai contributi dell’UE, molte donne hanno potuto avviare un’impresa; altri hanno potuto espandere la propria attività accedendo ai fondi Programma Cosmeche attribuisce alle imprenditrici un punteggio più alto. Poi ci sono i 10 giorni di congedo di paternità retribuito. Quando la Plenaria approverà le nuove misure nell’aprile 2019 – che per facilitare la conciliazione tra lavoro e vita familiare, prevedono per il padre o l’equivalente secondo genitore, se riconosciuto, il diritto a ricevere in busta paga il 100% dell’intera retribuzione per 10 giorni a partire dai 2 mesi precedenti la presunta data di nascita ed entro i successivi 5 mesi(qui) – la durata del congedo in Italia è di 5 giorni. La direttiva è stata recepita a partire dal 2021 (qui).

Fondi per disoccupati e Mezzogiorno

Tra i disoccupati l’astensione alle ultime elezioni europee è salita al 55% (in aumento di 11 punti rispetto al 2014), a fronte del 38% di chi ha un lavoro. L’UE li aiuta a trovare lavoro attraverso fondi per corsi di inclusione digitale; ha dato alle Regioni 4,9 miliardi attraverso il Pnrrda spendere entro il 2025, per la formazione e la riqualificazione professionale di 3 milioni di disoccupati (qui). Infine, vediamo chi non vota in base alle circoscrizioni elettorali: alle elezioni europee 2019 l’astensione a Nord è nato a 37%quasi di 42% al Centrodel 53,5% al Sud è nato a 65% In Isole. Ebbene, da dove provengono i fondi strutturali e di coesione destinati allo sviluppo territoriale, economico e sociale delle regioni meno sviluppate? Da Bruxelles. Solo per il 2021-2027 va bene 30 miliardi (Qui). Se le Regioni del Sud non ne fanno uso non è certo colpa dell’Ue.

Vantaggi per tutti

Oltre alle singole categorie ci sono anche direttive che vanno a vantaggio di tuttia partire dall’adozione dei più alti standard di sicurezza alimentare a livello mondiale. E non solo sulla trasparenza dell’etichettaturama anche sul «Sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi», il Rasff. In Italia sono arrivati ​​pistacchi turchi e iraniani con alti livelli di aflatossine; carote provenienti dall’Egitto con residui di Linuron, un pesticida vietato in Europa; fagioli del Madagascar con clorpirifos, sostanza vietata nell’Ue perché sospettata di danneggiare il cervello dei bambini (qui): per questi prodotti è stato lanciato l’allarme e ne è stata vietata la commercializzazione. In ogni Paese dell’Ue esiste un punto di raccolta che avvisa tutti gli altri, in tempo reale, dei sospetti di possibile contaminazione. Se l’EFSA, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, conferma la validità dell’allerta, tutti gli Stati sono obbligati a ritirare il prodotto. Anche gli standard alimentari dell’UE sono tra i più elevati al mondo benessere degli animali: norme che riguardano soprattutto gli allevamenti intensivi (qui), che poi spetta ai singoli Stati monitorare. Il programma europeo di monitoraggio sui limiti dei pesticidi consentiti dalla legge è il più completo: ogni anno vengono analizzati 75mila campioni alimentari per 600 pesticidi diversi.

Come siamo emersi dagli anni bui

È tempo di ricordare gli anni della pandemia. La Commissione Europea considera da subito i vaccini una priorità nella risposta al Covid, concentrando i propri sforzi sullo studio di un vaccino sicuro ed efficace, e si impegna a negoziare a nome di tutti gli Stati membri. Stipula contratti per un valore di 71 miliardi di euro: «Si tratta di accordi preliminari di acquisto – ribadisce la Corte dei conti europea – in cui la Commissione condivide con il produttore il rischio di sviluppare un vaccino in tempi più rapidi e sostiene la realizzazione di capacità produttive su larga scala a scapito del bilancio Ue ”. Alla fine del 2021, gli Stati membri hanno ricevuto quasi 952 milioni di dosi, garantendo così a tutti, Nord, Sud, ricchi e poveri, l’accesso al vaccino. L’UE non avrebbe potuto farlo dato che l’assistenza sanitaria è di competenza dei singoli Stati, ma cosa sarebbe successo se ad esempio la Germania, che è un paese più ricco, avesse negoziato per suo conto e acquistato i vaccini prima di noi? Ci sarebbe stata una rivolta tra i cittadini, e sarebbe iniziata una corsa per aumentare i prezzi. Per inciso: l’UE è stata l’unica area geografica del pianeta che ha fornito all’Africa 145 milioni di dosi. In quel periodo, nonostante fosse tutto chiuso, non c’è mai stata penuria di approvvigionamenti perché l’Unione garantiva il funzionamento della filiera. E come ha fatto il nostro Paese a riprendersi e a ripartire? Prima ha comprato la BCE 730 miliardi in titoli di stato italianie poi sono arrivati ​​i fondi del Pnrr, che hanno permesso di indebitarsi a costi molto bassi.

Il momento è adesso

Naturalmente, le istituzioni europee hanno spesso mostrato debolezza, inciampi e disaccordi al loro interno, ma quando si dice: “dov’è l’Europa, perché non fa di più?” è utile saperlo le decisioni le prendono chi alza la mano a Strasburgo e Bruxelles, non a Roma. E un’Europa più forte passa attraverso il Parlamento europeo, a patto che sia legittimata da uno forte partecipazione al voto.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

NEXT Calciomercato Lazio | L’intenzione di Isaksen: restare e cercare il riscatto – .