«Insulti reciproci tra i due trappers – .

PAVIA. Nel corso delle indagini ha raccontato di aver assistito ad alcuni episodi di violenza in cella, di percosse e schiaffi, anche notturni. Ma ieri pomeriggio (7 giugno) ha parzialmente ritrattato: «Ci sono stati litigi e insulti reciproci». Il detenuto è stato ascoltato come testimone nel processo in cui il trapper Gianmarco Fagà, detto Traffik, è accusato di maltrattamenti in cella ai danni di Jordan Tinti, 26 anni, trapper noto come Jordan Jeffrey Baby, trovato morto lo scorso marzo 12 nella sua cella.

Su questa morte è in corso un’indagine della Procura (l’ipotesi del suicidio non convince la famiglia), coordinata dal gip Alberto Palermo. L’indagine per omicidio colposo si intreccia con il processo, avviato qualche settimana fa, per le presunte violenze subite da Giordano Tinti durante il periodo di detenzione a Torre del Gallo.

L’udienza del processo, per decisione del giudice Elena Stoppini, si è svolta a porte chiuse, ma da quanto si sapeva il testimone, detenuto e compagno di cella di entrambi, ha fornito una versione diversa da quella che aveva fornito nel corso delle indagini. Alla prossima udienza, fissata per il 13 settembre, verranno ascoltati altri due testimoni perché non avevano ricevuto regolare notifica della citazione.

«Chiederemo la trasmissione degli atti alla Procura, perché due testimoni hanno parlato di minacce e intimidazioni – spiega l’avvocato della parte attrice, Federico Edoardo Pisani di Milano, che rappresenta il padre di Giordano Tinti, presente ieri in aula -. Dopo aver ascoltato brevi informazioni, il testimone ha denunciato le violenze che Jordan subiva in silenzio ogni giorno. Ora cambia versione. Vediamo la valutazione che farà anche il giudice”.

Sull’altro filone di indagine, quello della morte del giovane trapper, è stata eseguita l’autopsia e sono stati interrogati i compagni di cella del 26enne, ma deve ancora essere depositata la relazione del medico legale. All’esame hanno partecipato anche l’avvocato Pisani e un consulente familiare. «Secondo noi ci sono delle responsabilità nella scelta di riportare in carcere Jordan dalla comunità dove era in affidamento terapeutico – spiega l’avvocato -. Aspettiamo la conclusione delle indagini”.

L’avvocato aveva già denunciato i timori sulle condizioni carcerarie del 26enne. Tinti era di nuovo da 10 giorni nella sua cella di Pavia, carcere dove era già stato relegato in precedenza dopo il suo arresto nel 2022. Su richiesta del suo legale era stato trasferito in una comunità protetta, ma era tornato in carcere per aver violato la norma, in particolare per la presunta detenzione di un telefono cellulare.

 
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