“Di chi è la città?”. Un’alternativa popolare alla cementificazione e alla crisi ambientale – .

“Di chi è la città?”. Un’alternativa popolare alla cementificazione e alla crisi ambientale – .
“Di chi è la città?”. Un’alternativa popolare alla cementificazione e alla crisi ambientale – .

A Bologna il speculazione ediliziala conversione in turismo e hanno già inferto colpi durissimi agli interessi privati, e si preparano a trafiggere con progetti il ​​cuore popolare della città PNRRgrandi investimenti privati ​​e l’invasione di Airbnb. Nel cuore della pianura più inquinata d’Europa, continuiamo ad assecondare la voracità di grandi gruppi finanziari, immobiliari e industrialigli stessi a causa dei quali la questione ambientale si sta delineando come una sfida della nostra epoca per l’umanità.

L’amministrazione Lepore/Clancy si ammanta di una narrazione verde sotto la bandiera di “riqualificazione/rigenerazione”, ma giunti a metà del nostro mandato possiamo affermare senza timore di essere smentiti che ciò che si nasconde sotto la coltre persuasiva di questo vocabolario è la necessità di nutrire la grande inondazione di cemento che sta colpendo la città, sradicando l’anima popolare dei quartieri.

Nuove case di lusso, residenze studentesche private, catene commerciali, il centro storico invaso dalle attività di ristorazione e le prime periferie ad uso e consumo di aperitivi di tendenza, aumenteranno il già insostenibile costo della vita, portando all’espulsione delle fasce popolari dei residenti , alla fuga degli studenti e metterà in ginocchio le poche attività commerciali storiche ancora esistenti.

La giustapposizione tra il fuga dei residenti dai propri quartieri e il ritorno del redivivo Farinetti – per il quale non solo vengono nuovamente resi disponibili gli spazi del CAAB, ma anche un’inutile e costosa linea rossa del tram – dà un’istantanea perfetta di ciò che “città del cibo”, dove solo all’interno delle mura si conta un bar o ristorante ogni 35 abitanti.

Quando il solo aumento del costo della vita non basta a sradicare rapidamente la popolazione dei quartieri popolari più attratti da imprenditori e speculatori, il militarizzazione delle stradeintimidazioni della polizia e raid da Far West con cui “si spara” alla folla: è quanto sta accadendo soprattutto nella zona nord della città con l’applicazione delle linee programmatiche previste dal Patto Lepore-Piantedosial quale lo scorso gennaio (ad un anno esatto dalla firma) il quartiere Bolognina ha reagito con un corteo di oltre mille persone in risposta all’ennesimo caso di abuso ingiustificato.

L’accordo tra sindaco e ministro è oggi ancora più grave alla luce dei contenuti della nuova Proposta di legge Piantedosi-Nordioche in questi giorni alla Camera prevede anche la discussione del cd Emendamento “anti – No Bridge”., che (a partire dalle proteste contro l’ecomostro del Ponte di Messina) prevede sanzioni per reati di violenza o minaccia “commessi al fine di impedire la costruzione di un’infrastruttura strategica”, oltre ad altri emendamenti mirati alle questioni sociali come l’istituto del reato di “picchettaggio” contro gli scioperi sul lavoro. IL Arresti domiciliari per Nicoletta Dosiostorico esponente No Tav, e il giro di vite repressivo attuato a Bologna nei giorni scorsi nei confronti di alcuni esponenti delle lotte sociali cittadine sono un primissimo assaggio.

Non è accettabile che il calda coperta di edilizia socialeagitato come soluzione all’enorme problema del diritto alla casa, che attanaglia migliaia di cittadini a rischio sfratto per arretrati innocenti (alle prese con la limitata disponibilità di edilizia residenziale pubblica e di fronte ad un mercato degli affitti in preda a vorace), viene utilizzato come cavallo di Troia per consentire la realizzazione di nuove decine di migliaia di metri cubi di cemento destinati ad alloggi privati: è il caso lampante del verde urbano nelle ex cave di Settore Bertalia-Lazzarettoun’oasi nel deserto cittadino, da anni minacciato da istituzioni e costruttori.

lotta per il parco Don Bosco Va avanti da mesi e dopo un lungo periodo di resistenza, ora si apre una nuova fase nella nostra città. Una lotta che con la sua determinazione ha costretto l’amministrazione a fare un passo indietro rispetto a un progetto già approvato, offre a tutti noi una strada da affrontare: contro la speculazione e la devastazione ambientale bisogna andare avanti per resistere e fermare il modello di città con cui intendono rivoluzionare il volto dei nostri quartieri.

Consiglio Comunale e Giunta, con l’appoggio nientemeno che dell’intera classe politica locale e addirittura di due ministri, hanno cercato in tutti i modi di delegittimare la lotta di Don Bosco con bugie e manganelli, e con il rinnovato asse tra Lepore e Piantedosi, ma – di fronte all’unità e alla determinazione della resistenza popolare – dopo mesi di rifiuti hanno dovuto cedere, sospendendo il cantiere e trovandosi costretti a confrontarsi con cittadini e organizzazioni che difendono l’ambiente e una visione della città opposta a quella di chi governarci. Ora stanno cercando di recuperare il terreno perduto, e ancora una volta, come ampiamente prevedibile, abbiamo assistito al tentativo di trasformare una vera dialettica in un falso percorso partecipativo utile solo per il gusto di cronaca.

Con prove macroscopiche, questo meccanismo è stato implementato negli ultimi anni con il tradimento del percorso partecipativo rappresentato dall’Assemblea dei Cittadini per il Climapesantemente utilizzato dal Comune per darsi una tinta verde nella speranza di nascondere il contemporaneo sostegno alla cementificazione in corso e soprattutto alla realizzazione dell’opera più grande e devastante che abbia toccato il territorio bolognese negli ultimi decenni, la Tangenziale con le sue 16/18 corsiecon l’aumento del traffico stradale e dell’inquinamento che questo porterà con sé.

Grandi aspettative e grande retorica e poi addirittura il rifiuto di effettuare l’Health Impact Assessment: solo i percorsi autonomi di lotta e resistenza popolare possono evitare che le istituzioni tradiscano la partecipazione democratica usandola come schermo per ogni loro azione contraria alla richieste di migliaia di cittadini.

Ma la prima vittoria ottenuta con la sospensione del cantiere Scuole Besta ci apre una strada. Un altro passo indietro è già stato fatto sottopassaggio di via Ferrarese fornito dalla linea verde del tram. Segno chiaro che l’amministrazione teme di aprire nuovi fronti di conflitto con una cittadinanza ormai esasperata dall’operato del Comune.

Ancora più grave è il fatto che la strada della cementificazione, di cui a pagare il prezzo sono l’ambiente e la vita delle classi meno abbienti, continua ad essere percorsa a più di un anno dallaalluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna. Se il Comune dimostra di non aver imparato nulla dal dramma di quei giorni, da un lato il Governo Meloni ha sempre tenuto la cinghia stretta sugli aiuti destinati ai territori colpiti (d’altronde le recenti dichiarazioni di personaggi come il sottosegretario Bignami sono un vero schiaffo in faccia ai cittadini colpiti dalla tragedia, proprio per coloro che più contano sul finanziamento dei risarcimenti), dall’altro la Regione ha alzato la voce per continuare efficacemente il modello di sviluppo che ha causato il disastro, e ora Bonaccini fugge alla conquista di nuove posizioni.

Pensiamo che il modello di privatizzazione di servizi, spazi e beni pubblici creato in questi trent’anni ha cominciato a mostrare tutti i suoi limiti. Bologna può avere un ruolo diverso dal teatro di competizione sfrenata in cui la stanno trasformando, può diventare una città che si pone al centro di un territorio complesso tra Appennino e Pianura, può ribaltare l’ordine delle priorità e mettere coloro che vivono, lavorano e studiano a Bologna, non solo all’ombra delle Torri ma anche nei quartieri dove vive la maggioranza della popolazione. Sono necessari pianificazione e controllo popolare sulle grandi scelte riguardanti l’urbanistica, l’ambiente, il lavoro e i servizi.

Dopo anni in cui hanno finto di opporsi, dal governo Draghi in poi tutti i partiti dello schieramento parlamentare sono diventati complici della corsa per spartirsi le briciole che cadranno dal tavolo dei fondi europei, usate come leva finanziaria per giustificare le riforme mirato alla asse sui diritti dei lavoratori e sui servizi pubblici. Anche a Bologna il “unico soggetto imprenditoriale” si è mostrato subito pronto a spartirsi la torta: organizziamoci insieme per impedirglielo!

Occorre ritornare agli strumenti analitici e pratici offerti da pensatori come David Harvey per difendere la cittadinanza e l’ambiente dall’aggressione della rendita, dall’intreccio di interessi privati ​​e istituzioni pubbliche piegate su di essi. Siamo chiamati a trovare un linguaggio comune per essere sempre dalla parte dei cittadini che difendono l’ambiente e la salute dall’aggressione della speculazione, e lottare con sempre maggiore forza per una città pubblica che risponda ai bisogni di chi la abita. e non di chi ci specula.

In tempi in cui la spesa pubblica viene dirottata sugli armamenti in un’escalation bellica che non sembra arrestarsi, e ogni maschera “verde” delle classi dirigenti occidentali è stata definitivamente gettata a favore della competizione internazionale, nelle nostre metropoli si pone la questione ambientale e la questione sociale non possono più essere affrontati separatamente: occorre avviare percorsi che possano avvicinare le rispettive istanze su un terreno comune di dialogo e controproposta.

 
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