mostra sensibilità verso le sfide dell’umanità, compresa l’IA» – .

DiGian Guido Vecchi

Parla padre Paolo Benanti. Il Pontefice partecipa al G7, è la prima volta che accade, per seguire le sessioni dedicate all’intelligenza artificiale

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BORGO EGNAZIA – «Non è solo una questione di contenuti, è ciò che accade in sé. Si pensi al dibattito pubblico degli ultimi decenni, il secolarizzazione, religioni in declino. E ora un Paese del G7 invita un leader religioso e morale a intervenire, chiedendo il suo contributo nello spazio pubblico. Lo ricorderemo, in futuro, come un punto di svolta: si apre una nuova stagione di modernità”. Padre Paolo Benanti, 50 anni, teologo francescano, professore alla Gregoriana e all’Università di Seattle, è consigliere di Papa Francesco sull’intelligenza artificiale, fa parte del gruppo consultivo dell’Onu ed è stato scelto a gennaio dal governo come presidente della Commissione di Palazzo Chigi sull’IA.

Padre, il Papa parlerà alla sessione sull’intelligenza artificiale. Perché ha deciso di farlo?
«Questo pontificato si è aperto con Lampedusa, la questione dei migranti, ed è proseguito con l’enciclica Lodato sì sull’ambiente e il cambiamento climatico, e ora affronta l’intelligenza artificiale. Ciò dimostra la sensibilità del Papa verso le questioni di frontiera, le sfide che l’umanità si trova ad affrontare. Francesco legge i segni dei tempi”.

E qual è la sfida, in questo caso?
«Vedi, l’intelligenza artificiale è un grande moltiplicatore. Nel senso che è capace di moltiplicare la capacità di benessere, ricchezza e ricerca, dall’ambiente alla medicina, o al contrario di aumentare le disuguaglianze e le ingiustizie. Questo è l’orizzonte principale. Si tratta di capire cosa vogliamo moltiplicare. Per questo è necessaria un’attenzione etica”.

Al tema, quest’anno, Francesco ha dedicato due documenti, i messaggi per le Giornate mondiali della pace e delle comunicazioni sociali. Riconosce le conquiste e le possibilità aperte dalla scienza e allo stesso tempo mette in guardia contro i rischi: come “sistemi di armi autonome letali”, algoritmi che sostituiscono le decisioni umane, o il pericolo di una “dittatura tecnologica”, il controllo dei dati e la manipolazione delle informazioni che possono influenzare le decisioni e minare le democrazie.

Come si arriva sulla strada giusta?
«È una storia molto vecchia, in realtà. Già qualche decina di migliaia di anni fa la clava poteva essere uno strumento molto utile o un’arma per distruggere gli altri…”.

Sì, ma lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sembra un salto di qualità nello sviluppo tecnologico…
«Hegel, nella Logica, diceva che la quantità a un certo punto diventa qualità. Potrebbe esserci un salto di qualità in senso negativo. Ma potrebbe esserci anche, non so, un’evoluzione che permetta a un medico di visitare molti più pazienti. Qui ci troviamo di fronte a questa ambiguità. E il punto è proprio questo: i giochi non sono ancora finiti. Abbiamo ancora tempo.”

Per quello?
«Mettere al centro la persona umana. Un tema fondamentale al G7 sarà quello del lavoro: lo scenario cambierà, alcuni posti di lavoro scompariranno, lo sviluppo dell’AI potrebbe portare alla disoccupazione. D’altronde, in un Paese come l’Italia, dove quaranta province hanno più pensionati che lavoratori, potrebbe esserci un’opportunità per mantenere la competitività”.

È qui che entra in gioco l’“algoritmo”?
«Sì, un neologismo che mette insieme algoritmi ed etica, per dire un approccio etico alla questione. Se ne è parlato per la prima volta nel 2019, in Vaticano, seguito dal documento “Rome Call for AI Ethics” che, tra l’altro, è stato firmato anche da rappresentanti dell’ebraismo e dell’islam e sarà presto firmato anche dalle religioni orientali. Vuol dire che sarà rappresentata la maggioranza assoluta delle persone che vivono sul pianeta e che il contributo dei leader religiosi non è più considerato divisivo nello spazio pubblico, ma diventa inclusivo. Questa è la svolta”.


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13 giugno 2024 (modificato il 14 giugno 2024 | 08:33)

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