A Lucca piccoli passi avanti per la cura dei pazienti affetti da malattie reumatologiche – .

Medici e operatori confermano che sul fronte sanitario c’è ancora molto da fare: mancano i giovani che vogliano fare il medico di base. Il diritto alle cure (seconda fase).

Piccoli spiragli di miglioramento, ma tanti passi ancora da compiere sul fronte sanitario dei malati reumatici: è questo il quadro che emerge dall’importante convegno che ha riunito medici, operatori e associazioni di pazienti sotto il titolo evocativo “SOS Reumatologia”, rinnovando la preoccupazione sul rischio del trattamento per molti pazienti con malattie reumatologiche.
Un allarme a cui si aggiunge la preoccupazione per i giovani che non scelgono più la strada della medicina generale, per diventare “medici di famiglia”. Il confronto proposto dalla Società Medico Chirurgica Lucchese con il patrocinio e la collaborazione dell’Ordine dei Medici di Lucca, e in collaborazione con ATMaR Toscana, l’Associazione Toscana Malati Reumatici, l’Associazione Archimede, l’Associazione Lucchese d’Arte e Psicologia Alap, l’Associazione studi e ricerche prof. Gugliemo Lippi Francesconi e con il contributo liberale e non condizionante di Fenix ​​Pharma e il patrocinio richiesto da Provincia e Comune di Lucca.

“Dal convegno, organizzato raccogliendo la proposta di ATMar per evidenziare il momento difficile che stiamo vivendo sul fronte della sanità pubblica – spiega Daniela Melchiorre, presidente della Società Medico Chirurgica Lucchese -, sono emerse le diverse problematiche che i cittadini affrontano quotidianamente: dal Liste d’attesa per le cure reumatologiche, alle difficoltà di accesso alle cure, significa peggiorare la qualità della vita di questi pazienti che sono il 5% della popolazione e che vivono patologie invalidanti nella vita quotidiana realizzato, grazie anche all’impegno dell’ASL Toscana Nord Ovest , ma c’è ancora molto da fare, come hanno dimostrato i medici di base presenti all’incontro. È stato evidenziato il quadro molto complesso sia dal punto di vista delle complicanze, sia dal punto di vista delle esigenze di ciascun paziente. E i medici di base spesso si ritrovano a gestire questa complessità da soli, senza il supporto dello specialista che spesso è difficile contattare e anche perché manca una vera formazione al riguardo. Ed è da qui che bisogna partire, da percorsi formativi specifici”.

“Per i pazienti reumatologici cronici – spiega Paola Grossi, presidente di ATMar – l’associazione toscana dei malati reumatici – sarebbe importante una presa in carico del paziente a 360 gradi: un approccio integrato tra reumatologo e medico di base come definito nel nuovo DDL 946, recentemente approvato. Nei prossimi 6 anni, un medico di medicina generale su tre andrà in pensione ed è giunto il momento di rivedere questo tipo di ruolo. Come testimoniato, i giovani medici stanno fuggendo dal ruolo di medico di base, a causa di una formazione spesso scarsa e di regole che nessuno vuole cambiare. Università, ospedali, centri di ricerca, imprese e territorio devono fare rete, portando avanti lo spirito della diagnosi precoce e della scienza aperta che consente di ottenere risultati a livello flessibile e multidisciplinare”.

Nel corso del convegno sono stati illustrati tanti aspetti diversi, a partire dal DDL 946, che mette in campo concetti importanti, che necessitano però di essere confrontati con le reali risorse a disposizione. Tra le novità della ricerca, nelle malattie reumatologiche l’importanza dell’alterazione del microbiota intestinale (la cosiddetta flora intestinale) e contemporaneamente di quello orale, riconosciuta come causa di diverse patologie, fatto noto che comporta molti ambiti specialistici. Il nostro microbiota intestinale, si è ricordato al convegno, può interagire con il microbiota del suolo (noi respiriamo il suolo!) e può interagire con i farmaci come nel caso degli antibiotici: quest’ultimo è un dato significativo che spiega la reazione individuale rispetto alcuni trattamenti specifici. Una pagina propositiva davvero interessante è stata quella dedicata alla museoterapia, che ha fatto capire quanto sia importante questa pratica studiata a livello internazionale con risvolti rilevanti dal punto di vista sociologico, sociale e biologico: “La visita ai musei infatti – come spiega il dottor Maurizio Vanni – una vera e propria terapia di accompagnamento che aiuta a liberarsi dallo stress e a ritrovare un rapporto attivo con il proprio sistema sensoriale, riducendo i disagi del corpo”.

 
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