Pride 2024, Intervista a Vittoria Schisano su La vita che volevi – .

Pride 2024, Intervista a Vittoria Schisano su La vita che volevi – .
Pride 2024, Intervista a Vittoria Schisano su La vita che volevi – .

È arrivato in streaming il 29 maggio su Netflix La vita che voleviuna serie senza eguali nel panorama italiano e nemmeno internazionale: parla di una donna AMAB (Maschio Assegnato alla Nascita) che deve fare i conti con un passato che riteneva superato e che la costringe a mettere in discussione tutto ciò che ha costruito. Tranne una cosa: se stessa. Il protagonista di questa serie scritta da Ivan Cotroneo e Monica Rametta è Vittoria Schisano, che in Gloria ha messo pezzi della sua vita, frammenti della nostra e squarci di un futuro più inclusivo che potremo conquistare solo lottando insieme. Perché, come hai detto a Cosmopolita nel mese del Pride, «ritrovare finalmente un personaggio come lei in tv è una carezza per tutti coloro che guardano questa serie e che la stanno ancora guardando in tutto il mondo. Classe 1977, nata a Pomigliano d’Arco e rinata 10 anni fa dopo la conclusione del processo di transizione che oggi la fa svegliare ogni mattina grata per questa “seconda possibilità” che la vita le ha regalato, Vittoria punta in alto, nel lavoro e nella vita privata, perché «indietro non si torna e i diritti devono appartenere a tutti, altrimenti sono solo privilegi». Abbiamo parlato con lei del successo su Netflix, della responsabilità collettiva e del cambiamento e soprattutto dell’amore. Perché tutti «vogliamo essere amati, compresi, accolti. E avere il nostro spazio nel mondo”.

Camilla Cattabriga//Netflix

Vittoria Schisano e Ivan Cotroneo a Lecce, città in cui è ambientato La vita che volevi su Netflix

Vittoria, te ne parliamo qualche settimana dopo il debutto della serie. È tutto come ti aspettavi?

“Anche meglio! Sono inondato di affetto da tutte le parti del mondo: ricevere questo consenso è strano, ma mi ha anche fatto capire che tutti, a prescindere dalla latitudine, hanno bisogno delle stesse identiche risposte, tutti desideriamo essere accolti, amati, abbracciati. Al di là della storia personale del protagonista, la serie racconta una storia universale, una storia familiare, una storia d’amore, al centro della scena c’è una persona che non ha avuto una vita facile e che ha preteso con estremo impegno la vita che sognava. . La sua storia parla a tutti, senza distinzioni sociali o di genere. Inoltre, in questo momento politico in cui ci viene tolto lo spazio per rivendicare ciò che ci spetta di diritto, ascoltare storie come quella di Gloria è di vitale importanza”.

Ci sarà un prima e un dopo Gloria, almeno nel mondo dell’intrattenimento televisivo. Come ti fa sentire essere protagonista di questo cambiamento?

«Quando ho letto la sceneggiatura ho subito capito l’importanza di questi personaggi. Nel percorso narrativo del nostro Paese e forse del mondo intero mancava un protagonista AMAB raccontato senza l’occhio del pregiudizio. Gloria è una donna a cui viene data la possibilità di sbagliare, di fallire, di avere difetti come tutti gli altri. C’era ovviamente il rischio di farla santa, o di deriderla. Ma per fortuna non è andata così. E il fatto che sia una donna AMAB è solo una delle mille sfumature che ogni personaggio dovrebbe avere. Gloria è davvero uno spartiacque: spero che sia un punto di partenza verso il cambiamento”.

È stato più difficile entrare nella vita di Gloria negli ambiti in cui assomiglia meno alla tua o in quelli in cui le somiglia di più?

“Il secondo. Da un’attrice attingo alla verità e alla mia vita. E quando questa verità è forte e importante, allora la sovrapposizione si fa più intensa. Certo io e Gloria siamo diversi, rispetto a lei io sono più romantico, più ingenuo, lei è più cinica: questo mi ha aiutato, mi ha dato maggiore consapevolezza, nella sovrapposizione le ho donato fragilità, l’ho aiutata a uscire dalla schermo del suo orgoglio. La parte più complessa è stata descrivere la violenza, mia e di Gloria: non l’avevo mai fatta prima. Questa serie mi ha dato l’opportunità di liberarmi dal senso di colpa che portavo da tempo per quello che avevo subito.”

Quando ti è stato proposto il progetto, hai avuto paura di affidare ad altri questa storia, che racconta anche una parte della tua?

«No, affatto, anzi ho pensato: ‘Finalmente’. E per due motivi: conosco Ivan da tanti anni, conosco la sua sensibilità e la sua scrittura, mi fidavo di lui. E poi questa è una serie che, da spettatore, mi sarebbe piaciuto vedere. Non te lo nascondo prima La vita che volevi Ho rifiutato tanti ruoli, non mi piacevano, alcuni mi mettevano in imbarazzo. Penso che la serialità, in questo momento storico, abbia il potere di educare laddove mancano la scuola o la famiglia. Sento una responsabilità che non posso ignorare. I ragazzi oggi sono abbandonati all’autoeducazione, tutto avviene attraverso i social, imparano il sesso guardando video porno. Si creano aspettative altissime, impossibili, frustranti. Se la serialità offre serie oneste e vere come questa, così sia”.

Siamo a giugno, mese del Pride. 30 giorni molto importanti. Esiste un modo secondo te per far sì che l’attivismo e l’interesse per questi temi durino tutto l’anno?

«Dobbiamo sentirci tutti corresponsabili della vita che viviamo e desideriamo. Impara a pensare: “I tuoi diritti sono anche i miei diritti” e viceversa. Quando esco dalla bolla dei miei bisogni personali e penso ai diritti dei miei vicini, è lì che faccio qualcosa per me stesso. E un politico che non parte da questo approccio, che parla solo per dare acqua al mulino del suo partito e non per l’intero Paese, non merita di fare questo lavoro. Lo so può sembrare utopico, ma il Paese cambierà solo quando scenderemo in piazza tutti i giorni, quando andremo tutti a votare, è una responsabilità enorme che si assume anche chi non vota. Tutti hanno diritto alla felicità: dobbiamo lottare per questo”.

I ragazzi di oggi hanno meno paura di rivelarsi, di parlare di identità e di rivendicare la propria. Almeno ci provano con tutte le loro forze. Com’è andata la tua adolescenza?

«Vero, oggi hanno una libertà diversa, la lettura li aiuta, la serialità li aiuta, soprattutto quando guardano una serie che rappresenta davvero il mondo. Quando ho fatto coming out con mia madre lei era spaventata perché aveva come riferimento una certa iconografia dell’omosessualità, la cinematografia aveva contribuito a cementare dentro di lei lo stereotipo di lei. Per questo bisognerebbe cambiare la rappresentazione di Lei: con lei cambia anche la coscienza collettiva”.

Sono passati 10 anni dalla tua rinascita come Vittoria. In cosa ti senti diverso da allora e in che cosa ti senti uguale?

«La differenza più grande è che mi sento felice, sono più luminosa, ogni mattina mi sveglio, mi guardo allo specchio e sono grata per la mia seconda possibilità. Ringrazio soprattutto me stesso, perché ad un certo punto ho avuto la consapevolezza che la vita è una e che viverla a metà sarebbe stato uno spreco. Dieci anni dopo ho imparato a mostrarmi con le mie fragilità, a mostrarmi sui social senza filtro. La cosa più bella che porto con me oggi è la mia verità”.

Vittoria SchisanoPinterest
Camilla Cattabriga/Netflix//Netflix

Vittoria Schisano in La vita che volevi

E come è cambiato il mondo intorno a te?

«Credo che il mondo sia cambiato in meglio, credo che quando smetti di dire una bugia e dici finalmente la verità allontani anche il pregiudizio di chi ti circonda. A 15 anni mi nascondevo dietro un dito, poi quando mi sono fatta valere anche le chiacchiere intorno a me si sono affievolite. Solo in politica abbiamo fatto dei passi indietro: riflette e parla di un Paese che non esiste, gioca sulle paure e sui limiti umani. E sono proprio i meno spaventati a dover scendere in piazza e votare. Perché non possiamo più accettare che qualcuno ci dica che non possiamo abortire, che non possiamo essere e amare chi vogliamo”.

La sfortunata scelta di parole di Papa Francesco sui seminaristi gay ha fatto notizia in tutto il mondo. Un episodio che ci fa riflettere su quanto siano importanti le parole, soprattutto quando si parla di accoglienza e inclusione. Che peso dai alle parole?

«Le parole descrivono il mondo e hanno un peso specifico e ogni generazione ha il proprio carico di responsabilità nel cercare di cambiare la narrazione. Abbiamo vissuto per secoli in una cultura misogina, oggi non è più così dobbiamo sostenere questo nuovo mondo con pensieri, parole e azioni comuni”.

Come sarà il tuo dopo Gloria?

«Stanno arrivando diversi progetti, ma se già prima ne censuravo tanti e non ne accettavo tanti, oggi sono ancora più selettivo. Non posso tornare indietro dopo La vita che volevi. Vorrei raccontare storie belle: indipendentemente dal fatto che la protagonista sia AMAB o meno, mi piacerebbe avere l’opportunità di interpretare donne con una bella storia che possa aiutare chi la guarda”.

 
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