non è solo una questione di gambe – .

Ieri Tiberi ha lasciato il Delfinato Criterium, confermando che c’era qualcosa che non andava nella scelta di mandarlo lì. Ne abbiamo parlato lunedì con Fabio Aru, affrontando il tema della partecipazione del laziale alla Vuelta dopo il quinto posto al Giro. E mentre Aru si era detto tutto sommato favorevole al Delfinato e meno alla corsa spagnola in agosto, alcuni preparatori avevano visto l’impegno francese come uno sforzo immotivato subito dopo il Giro: se non fisicamente, sicuramente psicologicamente. Perciò, prima che sapessimo che Tiberi sarebbe tornato a casa, avevamo chiamato Paolo Slongo.

L’attuale allenatore di Elisa Longo Borghini alla Lidl-Trek era all’Astana negli stessi anni di Aru, ma dalla parte di Nibali che sotto la sua guida ottenne i migliori risultati. La curiosità era approfondire le parole di Fabio, secondo le quali aver partecipato a due Grandi Giri all’anno dalla sua seconda stagione da professionista potrebbe averlo danneggiato (in apertura il sardo batte Froome alla Vuelta 2014, dopo il podio al Giro, ndr). Il paragone con Pogacar che farà invece la coppia quest’anno, alla sua sesta da professionista, fa in qualche modo riflettere.

«Forse il fatto che Tiberi possa fare due Giri – spiega Slongo – è un po’ controcorrente. Tra Giro e Vuelta c’è tutto il tempo per recuperare e non affaticarsi troppo, che forse non c’è se fai Giro e Tour o Tour e Vuelta. Nonostante Antonio sia un atleta giovane, negli ultimi due anni ha già corso una corsa a tappe a stagione, quindi al terzo anno potrà fare due Grandi Giri, avendo tempo di recupero. Secondo me non è male. Anzi, nel caso di Tiberi non approvo il fatto che corra il Delfinatoproprio perché in futuro dovrà fare anche la Vuelta”.

Nel 2020, a 22 anni, Pogacar ha fatto il suo debutto al Tour e lo ha vinto
Nel 2020, a 22 anni, Pogacar ha fatto il suo debutto al Tour e lo ha vinto
Perché?

Dopo il Giro lo avrei lasciato solo e Non gli avrei chiesto, anche se fosse stato in forma, di affrontare un’altra gara. Perché molte volte, anche se stai bene fisicamente, certe scelte possono fare la differenza nella tua testa. Ci vai contro la tua volontà dopo un ottimo Giro, in cui sei entrato in classifica per la prima volta e sei arrivato quinto. Vorresti rilassarti qualche giorno e invece sei costretto ad andare a correre. Secondo me è controproducente, ma i due Giri nello stesso anno non li vedo come una cosa negativa.

Secondo Slongo, perché ha aspettato il sesto anno da professionista di Pogacar?

Secondo me perché puntavano al Tour e nei primi due o tre anni da professionista basta farne uno: vale sempre la pena caricarsi gradualmente di ciò che si fa. Dato che il Tour è in mezzo alle altre due gare e quindi troppo vicino al Giro e alla Vuelta, hanno dato la precedenza agli interessi della squadra, che come tutte punta a mettere in mostra il Tour. Quindi secondo me la scelta non è stata dovuta solo alla crescita, ma anche a questo aspetto del calendario e alla possibilità di correre al 100% in un solo Grande Giro.

Ma non ha vinto gli ultimi due Tour e nemmeno lo hanno mandato alla Vuelta. Avrebbe potuto…

Probabilmente potrebbe esserci anche un problema di gestione. Pogacar è già un talento precoce e forse, così facendo, gli allungherete un po’ la vita a livello psicologico. Nel senso che non lo stressi troppo facendo subito due Grandi Giri, con tutto quello che ne consegue. Quindi i ritiri, le cose fatte in un certo modo e poi la classifica, che è faticosa anche se l’atleta è predisposto. La scelta è quella di dire: “Non diamogli troppo subito, così allunghiamo la sua vita negli anni”. Sì, questo ha senso.

Slongo ricorda che al Giro 2007 Nibali corse a sostegno di Di Luca, che vinse la maglia rosa.
Slongo ricorda che al Giro 2007 Nibali corse a sostegno di Di Luca, che vinse la maglia rosa.
Perché secondo te Aru dice che aver fatto due Grandi Giri subito non è stata una buona cosa?

Forse per questo aspetto. Secondo me anche il modo in cui li fai deve essere messo in tavola. Forse ad Aru è stato chiesto di essere competitivo, come lo era lui, e questo è stato estenuante. Probabilmente non era ancora pronto, forse perché gli pesava psicologicamente oltre che fisicamente avrebbe preferito una crescita più graduale e meno stressante. Ognuno è diverso e forse col senno di poi Fabio avrebbe preferito fare qualcosa di più graduale, come Pogacar nei primi sei anni di carriera.

Nibali hai gestito la cosa diversamente. Ha fatto il suo primo Giro nel 2007, al terzo anno da professionista.

Vincenzo si è trovato bene gradualità. E soprattutto quello che è cambiato rispetto ad oggi è che, Anche se lo abbiamo portato ai Grandi Giri, è andato ad imparare dai capitani. Davanti aveva Di Luca, Basso e Pellizotti. Ma scalpitava non è andato in gara con la pressione psicologica di doversi classificare. Ciò cambia anche l’approccio al ciclismo che esiste ora. Oggi i giovani – l’attuale Tiberi, come prima Pogacar ed Evenepoel – non hanno nessuno in squadra che possa fare la classifica al posto loro. Qualcuno dietro cui nascondersi, con un periodo graduale di 2-3 anni in cui imparare il mestiere e semmai provare a vincere una tappa o mettersi alla prova. Una volta era un ciclismo diverso, ma ora questi ragazzi si ritrovano subito in prima linea. E anche se sono forti fisicamente, secondo me l’aspetto mentale ha un peso importante. E poi c’è un altro aspetto…

Quale?

Quello dei punteggi UCI. Il 2025 è l’anno delle promozioni e delle retrocessioni e per le squadre i punti torneranno ad essere un’ossessione. Quando hai un buon budget ma non ti colloca tra le prime 4-5 squadre al mondo, hai meno corridori con cui correre. Un po’ come la panchina delle squadre di calcio o di basket. Segafredo Bologna e Milan sono quelle che hanno più soldi e se mandano in campo un sostituto siete sicuri che sarà competitivo. Se però i forti sono solo nel quintetto base e gli altri non sono all’altezza, avete un problema contro gli squadroni. Una volta per stare nel WorldTour bastavano budget, etica e professionalità: non esisteva un sistema di promozioni e retrocessioni. Ora tutto è diverso. E i corridori vengono mandati in gara per segnare punti. E tra i vari punti valgono tantissimo quelli della classifica generale.

Una grande differenza…

Una volta che sei andato a correre, hai imparato dal capitano e nel frattempo sei cresciuto senza pressioni psicologiche, perché lavorare è diverso da correre. Adesso, anche se non puoi vincere, devi andare a fare punti: anche un ottavo posto diventa importante. E a quel punto certe scelte sono dettate dalla ragion di Stato. Per carità, a pagare è la squadra ed è giusto che pretenda se la cosa è importante. Ma queste dinamiche impediscono di guardare solo all’aspetto tecnico e anche come allenatore devi fare slalom tra le esigenze della squadra e quelle del corridore.

 
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