Libertà di stampa, in Svizzera non è tutto oro quello che luccica – .

Libertà di stampa, in Svizzera non è tutto oro quello che luccica – .
Libertà di stampa, in Svizzera non è tutto oro quello che luccica – .

BERNA – La Svizzera è al nono posto nella classifica mondiale dei paesi in cui la libertà di stampa è migliore. Ha guadagnato tre posizioni rispetto allo scorso anno, ma non grazie a se stessa, quanto piuttosto per la discesa nella speciale classifica di tre società che l’hanno preceduta. Non si tratta quindi di un reale miglioramento, anzi il numero di punti ottenuti dalla Svizzera su tutti e cinque gli indicatori utilizzati è anzi in leggerissimo calo.

Lo ha detto Reporter Senza Frontiere (RSF) in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa.

Il nostro Paese aveva sperimentato un peggioramento delle condizioni al riguardo durante il Covid. Nei loro confronti, infatti, in quel periodo si erano verificati “attacchi verbali e talvolta fisici senza precedenti”, in particolare durante le manifestazioni contro le misure anti-Covid, spiega RSF.

Ora la Svizzera è al nono posto nella classifica guidata dai paesi nordici, con la Norvegia al primo posto per l’ottavo anno consecutivo, davanti a Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Finlandia. Ha guadagnato tre posizioni a causa del peggioramento delle condizioni di Lituania, Timor Est e Liechtenstein, che lo precedevano.

Per stilare la classifica vengono utilizzati cinque indicatori. In particolare, per il nostro Paese il quadro legislativo appare penalizzante e non in grado di tutelare sufficientemente i giornalisti, a causa dei rischi di sanzioni in caso di divulgazione, ad esempio di documenti bancari, e della difficoltà, nonostante la legge sulla trasparenza, di avere accesso ai documenti detenuti dall’amministrazione e ai procedimenti giudiziari abusivi intentati contro i media o le ONG con l’obiettivo di mettere a tacere le voci critiche. Infatti, se si considera solo il criterio legislativo, la Svizzera scivola addirittura al 27° posto.

La situazione dei giornalisti peggiora anche dal punto di vista socio-culturale, indice che misura in particolare la denigrazione e gli attacchi alla stampa basati su questioni di genere, classe, origine etnica o religione. Il nostro Paese, infatti, passa dal 4° all’11° posto.

Insomma, in conclusione, nonostante la posizione in classifica generale migliori, c’è poco di cui rallegrarsi. Commentando i dati, Stephanie Vonarburg, vicepresidente e responsabile dei media del sindacato syndicom, ha dichiarato: “I professionisti dei media e la libertà di stampa sono sotto forte pressione. I giornalisti nelle zone di guerra come Gaza sono in pericolo. È necessario intervenire anche in Svizzera. Il quadro giuridico per i giornalisti si è deteriorato e le aziende minacciano sempre più spesso di fare causa per intimidire i media. Di conseguenza, i professionisti dei media evitano le indagini critiche e il pubblico è meno informato sugli eventi rilevanti. I politici hanno il dovere di adottare misure per proteggere la libertà dei media e i professionisti dei media”.

In particolare, syndicom sottolinea che “negli ultimi due anni, il Parlamento ha ripetutamente peggiorato il quadro giuridico per i professionisti dei media e ha trascurato possibili miglioramenti. Ad esempio, il codice di procedura civile è stato inasprito e la legge bancaria continua a ostacolare la libertà di indagine. Ciò porta i media a evitare criticità e inchieste perché si trovano minacciati da divieti di pubblicazione, multe e sanzioni”, così come “diverse azioni legali intimidatorie (le cosiddette SLAPP – Strategic Lawsuits Against Public Participation ) sono state intentate da potenti finanziariamente aziende e attori contro le ONG svizzere per impedire loro di indagare su violazioni dei diritti umani, corruzione o inquinamento ambientale. Giornalisti e ONG vengono così spinti verso la rovina finanziaria e l’autocensura e non possono più dare il loro importante contributo alla democrazia”. infatti, quanto sottolineato anche da RSF nella sua analisi.

 
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