«Dopo l’aneurisma ho vissuto solo per guarire. Ci sono voluti trent’anni, ma ce l’ho fatta” – .

«Dopo l’aneurisma ho vissuto solo per guarire. Ci sono voluti trent’anni, ma ce l’ho fatta” – .
«Dopo l’aneurisma ho vissuto solo per guarire. Ci sono voluti trent’anni, ma ce l’ho fatta” – .

UN aneurisma congenito dell’arteria basilare che nel 1991 le causò aemiparesi sinistra: questa la grave condizione da cui proviene l’attrice Cinzia Leone se n’è andata dopo trent’anni di cure riabilitative. Ospite di Verissimoraccontò la sua durissima esperienza, dalla quale scappò grazie alla madre: «Fu lei a salvarmi la vita quel lontano giorno del ’91: ero titubante ma lei mi esortò ad andare al cinema per assistere alla prima di un film che avevo aveva sparato, Donne con gonne. Mi ha detto di fare il mio lavoro, che non potevo restare a casa. E quella è stata la mia salvezza: non essere sola quando ero malata”.

Subito dopo il malore, avvenuto in un cinema gremito di gente, è stato Francesco Nuti, il regista, “che mi ha accompagnato all’ospedale con la sua macchina, senza nemmeno aspettare l’ambulanza”. L’attrice è stata salvata, ma il suo aneurisma ha richiesto un intervento chirurgico. Siccome “non potevo fare l’intervento qui in Italia perché non avevo i macchinari necessari, sono dovuto andare in America”.

L’intervento, per fortuna, è andato bene: «Sono stato operato, ma la paralisi c’era ed era anche brutta. Da quel momento ho vissuto solo per guarire. Ci sono voluti trent’annima l’ho fatto.”

Cinzia Leone si rese conto nel post operatorio che la guarigione non sarebbe stata né facile né rapida: «Pensavo che dopo poco sarei guarita. Non potevo immaginare che ci sarebbero voluti così tanti anni”. La forza per ricominciare? “Il mio lavoro me lo ha dato”, ha detto. «Se non faccio il mio lavoro, lì muoio davvero. Quindi il pensiero di poter tornare a recitare il prima possibile era il più grande tirante».

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Come affrontare un aneurisma oggi

A trent’anni dal caso dell’attrice Cinzia Leone, come si cura oggi questo tipo di aneurisma?
«Prima di tutto occorre distinguere l’ aneurismi del corpo da coloro che sono i aneurismi cerebraliio (compreso ilaneurisma congenito dell’arteria basilare)», precisa Francesco Zenga, neurochirurgo, Direttore della Chirurgia della base cranica e dell’ipofisi dell’Ospedale Molinette Città dela Salute di Torino. «Questi ultimi hanno caratteristiche molto particolari: possiamo immaginarli come borse che si trovano all’estremità delle arterie, che possono rompersi, provocando emorragie anche devastanti all’interno del cervello. «È stato il caso della signora Leone: anche il suo aneurisma si trovava in un’arteria molto difficile da raggiungere chirurgicamente», spiega il chirurgo. «Trent’anni fa un dipinto come il tuo rendeva necessario un intervento sospensione della circolazione (in cui la circolazione sanguigna viene sospesa per alcuni istanti per poter operare). Oggi gli aneurismi non vengono quasi più trattati chirurgicamente, ma tramite un approccio endovascolare. In sostanza si crea un ingresso alle arterie attraverso un piccolo taglio sulla gamba, generalmente sulla coscia, e si inseriscono dei piccoli fili metallici in modo da formare una sorta di palla che entra nel borsa (cioè l’aneurisma) e il chiude dall’internoquindi senza la necessità di operare chirurgicamente.”

Dove vengono curati oggi in Italia gli aneurismi, in particolare quelli cerebrali?
«Sono molti i centri che a ttutto il territorio italiano trattano specificatamente di neurochirurgia vascolare, ma soprattutto è importante specificare che sono molte le strutture sanitarie dove il trattamento endovascolare degli aneurismi è assolutamente sull’agenda».

Dopo il trattamento endovascolare è ancora necessario un percorso riabilitativo?
«In genere noi neurochirurghi gestiamo i pazienti nel post operatorio, successivamente può esserci la necessità che lo faccia la persona trattata un periodo di riabilitazione più o meno lungo».

Quanto può durare questo periodo?
“Potere Ancora possono verificarsi situazioni in cui il paziente guarisce dopo diversi anni: dipende da come lui rispose il cervello al trattamento neurovascolare e da cosa vuoi fare di nuovo e a quale livello».

 
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