I libri viventi, nel chiostro di San Paolo a Parma, narrazione orale tra sconosciuti – .

I libri viventi, nel chiostro di San Paolo a Parma, narrazione orale tra sconosciuti – .
I libri viventi, nel chiostro di San Paolo a Parma, narrazione orale tra sconosciuti – .

Il racconto orale andrebbe inserito tra il patrimonio immateriale dell’umanità, se non c’è già: ci viene in mente in seguito al chiostro di San Paolo animato nel pomeriggio del giovedì dalla trama delle voci dei “libri viventi”, voci come aperture su storie intime, personali, scandite da nomi di altre persone e luoghi forse mai sentiti prima ma che, nel racconto, risuonano immediatamente come familiari e necessario, evocativo e chiaro.

Il progetto Ogni persona è un libro, un ponte tra le generazionipromossa dalla Biblioteca Sociale Montanara con il patrocinio del Comune di Parma, nasce ispirandosi all’idea della Human Library, la biblioteca umana fiorita in Danimarca nel 2000 e poi diffusasi in molti paesi come pratica di narrazione orale, condivisione di storie singolari che diventano plurali: in questa biblioteca vivente, ogni lettore è invitato a sedersi di fronte a uno sconosciuto, preparandosi all’ascolto della sua particolare storia, entrando in dialogo, sfogliando i ricordi e le aspettative dell’interlocutore e accettando così di entrare in quella foresta che ogni storia rappresenta.

Promosso da Laboratorio Montanara“prezioso patrimonio culturale”, come ha sottolineato Elisa Longeriil progetto ha coinvolto e unito persone di diverse generazioni, giovani e anziani, favorendo il superamento di distanze e pregiudizi attraverso la narrazione orale, la pratica teatrale e un laboratorio video condotto dal video-maker Lorenzo Bresolin.

All’inizio della presentazione, Marta Corradipresidente del Laboratorio Democratico Montanara, ha ricordato Alessandra Belledia cui è dedicato il progetto, “perché Alessandra, recentemente scomparsa, ha fatto tanto per creare un ponte tra le diverse generazioni di questa città proprio utilizzando il linguaggio teatrale e, in un senso più ampio, lo strumento umano della cultura”.

Se è più facile confessarsi a un perfetto sconosciuto seduto al tavolino di un bar o alla ragazza con cui ti ritrovi a condividere lo stesso scompartimento su un treno, questo avviene, forse, perché si ha meno paura di essere giudicati da chi Non so niente. Nostro. Il racconto orale della propria storia ad un ascoltatore sconosciuto da parte di un libro vivente nasce con lo scopo di favorire un incontro disarmato, privo di pregiudizi e capace, anzi, di far fare un salto all’ascoltatore oltre gli steccati del giudizio, steccati che vengono appunto abbattuti dalla possibilità di entrare nella trama di un’esistenza guidati dalla voce del protagonista di quella stessa storia umana in una vicinanza prematura e inedita.

I risultati del progetto, che ha coinvolto gli studenti della classe linguistica 3M del liceo Romagnosi, seguito con passione dalla docente Emmanuela Montagna, è confluito in un volume, edito da Edicta. In copertina, la foto degli alberi i cui rami si intrecciano, stagliati contro il cielo: un’immagine che, come osservato Enrica Conforti, “rappresenta l’intreccio dei racconti delle voci che risuonano tra le pagine del volume, storie raccontate oralmente e divenute poi video o testi scritti, veri e propri ponti che uniscono generazioni diverse nella condivisione di ricordi e aspirazioni, di crisi e ferite ma anche di svolte punti e momenti luminosi. Ciò che accomuna tutte le voci è il desiderio di lasciare un segno positivo e la disponibilità a fidarsi degli altri per costruire condizioni di pace”.

Nella fase di passaggio dal racconto orale al racconto scritto, un delicato intreccio di introspezione, rievocazione e memoria, il gruppo degli adulti è stato seguito da Maria Concetta Antonetti, Elisa Barbieri E Elisabetta Berciani della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari mentre il gruppo di ragazzi e ragazze ha ritrovato nell’esperienza teatrale condotta da Beatrice Baruffini la chiave per riuscire a illuminare anche gli angoli solitamente lasciati nell’ombra della propria storia, quelli che raramente ritrovano il diritto di cittadinanza a scuola.

“Grazie a questo progetto, portato avanti come percorso Pcto, siamo arrivati ​​a poter esprimere le nostre paure ma anche le nostre passioni, trascrivendo le cadute e le piccole vittorie, diventando autori di noi stessi a partire da un’esperienza teatrale che è stata liberazione”, ha testimoniato Erika e Angelica, studentesse del liceo Romagnosi.

Per trovare un varco nei programmi ministeriali che non prevedano i racconti da dietro la scrivania, Beatrice Baruffini è partita dalle foto conservate dagli studenti sui cellulari. Un gesto comune che diventa invenzione e rivelazione quando ai bambini è stato chiesto di guardare il lato in ombra delle immagini per raccontare ciò che non si vede nella foto, il margine, lo sfocato, il dietro le quinte della scena, il controcampo di un’inquadratura: “I ragazzi hanno iniziato a parlare di sé a partire da ciò che solitamente non vediamo di loro e, in questo senso, il teatro è stato un pretesto per incontrarli, un modo per cambiare prospettiva sulle cose andando un’altra direzione rispetto a quella comune”, dice Baruffini.

L’esperienza teatrale e di racconto portata in classe ci ha permesso di “guardarci negli occhi e conoscerci in modo profondo come non era mai successo prima, andando insieme oltre le apparenze grazie alla passione e allo stupore che nascono dall’esperienza incontro con l’altro”, racconta Emanuela Montagna per la quale il progetto “ha permesso anche ai ragazzi di conoscersi, aiutandoli a superare le piccole divisioni nella scoperta del valore di ogni diversità”.

A questo risultato ha contribuito anche il videolaboratorio dei Living Books, che “si è rivelato uno strumento di grande introspezione e liberazione emotiva da parte dei bambini”, ha osservato Bresolin. Ogni testimonianza, registrata nell’aula magna della scuola allestita per l’occasione come un set professionale, “è stata un’occasione per scoprire come ogni ragazzo e ragazza sia custode di fragilità e potenzialità, timidezze e riflessioni profonde che chiedono ascolto ed espressione”.

Al termine della presentazione, lungo le gallerie del chiostro si è diffusa la possibilità di entrare nella biblioteca umana, scegliendo chi sedersi davanti e quale racconto ascoltare.

Prima tappa del viaggio, Alma, narratrice bella ed elegante il cui volto mi ricorda quello della poetessa Szymborska. Tra le mani ha un quaderno dalla copertina nera: “Il mio diario di scuola, anni 1953-1954-1955, intitolato Ricordi: in questo libro-diario ormai disfatto che resta insieme al filo da me cucito, dopo settant’anni, si può vedere e leggere i ricordi dei miei compagni di scuola e dei miei amici che hanno circa settant’anni, come gli anni del diario…”.

Con un atto di fiducia, l’ascoltatore ha già fatto il primo passo per entrare nella foresta di un racconto in cui sa di trovare ombre, bestie forse, ma anche il filtrare di una luce tra i rami.

 
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