L’Antimafia mette a segno un colpo – Buttanissima Sicilia – .

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“Ci sono dei segnali che ci preoccupano: mai come ora il possesso di armi è diventato così diffuso in molti territori, anche in ambienti insospettabili. La cronaca ci consegna un modello di comportamento pericoloso anche tra i più giovani, come il caso di un 17enne che si è armato di pistola prima di recarsi in una discoteca. La mafia si sta diffondendo come stile di vita”. Lo ha detto il presidente della commissione regionale antimafia, Antonello Cracolici, in un passaggio della sua presentazione in aula, all’Ars, della relazione sull’attività della commissione a un anno dalla sua istituzione e che fornisce uno spaccato drammatico della situazione Sicilia. Sono state 55 le sedute della Commissione regionale antimafia, 14 le indagini avviate, 70 udienze, 9 incontri con i prefetti e i comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica, 302 incontri con gli amministratori locali, due delibere approvate e la firma di un protocollo d’intesa con Cesi.

Il discorso del presidente Si è svolto in aula Cracolici alla presenza del presidente della Regione, Renato Schifani, del presidente dell’Assemblea, Gaetano Galvagno, dei parlamentari, dei prefetti dell’Isola, del commissario di Stato per la Regione e di una cinquantina di studenti del corso linguistico liceo Ninni Cassarà di Palermo.

“In settanta sedute la commissione ha affrontato singole questioni come i casi di corruzione alla Motorizzazione Civile di Palermo, la gestione del 118 e lo scandalo dell’invalidità civile e il Consorzio Autostrade Siciliane – ha aggiunto Cracolici – su questo la commissione ha suggerito una serie di misure per spersonalizzare la gestione delle pratiche il più possibile e garantire la tracciabilità degli interventi. Abbiamo inoltre promosso un confronto volto a rafforzare il ruolo della Regione Siciliana in materia di appalti e nel contrasto alla diffusione del crack”.

L’altro dato allarmante è quello che riguarda le aziende confiscate: “In Sicilia c’è un tasso di mortalità delle aziende confiscate alle mafie – ha detto il presidente Cracolici – che è pari al 98%: un dato inaccettabile. Il modello organizzativo dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati non funziona. La maggior parte del territorio siciliano è gestito da sedi con sede in Calabria, mentre Palermo, Trapani e Agrigento fanno riferimento alla sede dell’Agenzia che è a Palermo, con modelli amministrativi in ​​alcuni casi diversi tra loro. È un tema che va affrontato, occorre fare sistema e affrontare le difficoltà amministrative”.

“La mafia sa tutto, sa ad esempio quando e dove si svolgono le gare – ha continuato Cracolici – Allora è necessaria la creazione di un Osservatorio per monitorare il pericolo di infiltrazioni nei subappalti, non è il momento di arretrare, è il momento di rilanciare la lotta alla mafia. La nostra sfida è far sentire il fiato sul collo alle mafie, farle sapere che siamo attenti, che non cediamo alla rassegnazione. Dobbiamo rafforzare il tessuto associativo sul territorio: entro la fine dell’anno creeremo una sorta di Stati generali dell’antiracket siciliano, anche per superare divisioni e lacerazioni che esistono anche in quel mondo”.

 
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