Lamezia. La Messa Crismale è stata celebrata dal Vescovo nella Cattedrale – .

“Auguro a me e a ciascuno di noi di poter rispondere affermativamente all’unica domanda che conta, all’unica domanda che Gesù pone a ciascuno di noi: Mi ami? E, se mi amate, andate nel mondo, versate l’olio della tenerezza di Dio, pervadete il mondo con questo unguento di speranza che possa dire a tutti la notizia dell’annuncio che Dio proprio ci ama”.

Con queste parole il Vescovo, monsignor Serafino Parisi, ha concluso l’omelia della Messa Crismale celebrata questa mattina in Cattedrale durante la quale sono stati benedetti gli oli che “sono semplicemente un ricordo di quanto il Signore, nella visibilità dell’olio, opera dentro le nostre vite. Infatti – ha detto a questo proposito monsignor Parisi – dobbiamo dire che è proprio lo Spirito che consacra ‘perché lo Spirito del Signore Dio è su di me e perché il Signore mi ha consacrato mediante l’unzione’”.

“Guardando a noi – ha detto monsignor Parisi – dovrebbero leggere lo stile di Dio. Questa è, in fondo, la grandezza del sacerdozio consacrato nella fragilità della nostra vita, della nostra esistenza, delle nostre scelte, dei cammini che a volte intraprendiamo e siamo costretti a tornare indietro, a quelli che vorremmo intraprendere e non abbiamo il coraggio di seguire perché questa è la nostra realtà. Eppure il Signore non è rimasto impressionato negativamente nel farci questo grande dono. Limitati come siamo. Fragili come siamo. Insicuri come siamo. Allora, mi piace immaginare questo olio che scende, entra nel cuore del credente per modificare, per instaurare rapporti di fraternità in Dio. Immagino quest’olio che entri nella nostra vita come un unguento capace di sciogliere le nostre rigidità, capace veramente di compiere l’opera di sciogliere tutto ciò che ci tiene lontani dagli altri, lontani da Dio. Perché l’olio funziona proprio in questo senso. Nel senso di una pervasività nella nostra esistenza perché disciolti dall’olio dello Spirito, cioè dell’amore di Dio, possiamo entrare subito, automaticamente – lo dico proprio nel senso greco del termine -, spontaneamente, incontri con gli altri. Un’altra storia non è possibile. Ma allo stesso tempo, guardando ciò che accadrà da questa sera in questo triduo sacro (Passione, morte e risurrezione di Gesù), non posso fare a meno di chiedermi ‘ma in realtà, quando è iniziata la passione del Signore?’ La passione del Signore di restare fedele al Vangelo di oggi, quello di Luca, è iniziata quando ha deciso con faccia dura di andare verso Gerusalemme. Quel capitolo nove versetto 51 di Luca dove Gesù comincia a camminare abbassando lo sguardo, cioè guardando la strada da percorrere. Non tanto la destinazione: andava verso Gerusalemme, ma sapeva che a Gerusalemme lo avrebbero prima accolto e poi crocifisso. E va lo stesso”.

Un viaggio, quello che Gesù compie verso Gerusalemme, all’interno del quale inserire le tappe della sua Passione compreso il bacio di Giuda. Si tratta di una figura su cui si è soffermato monsignor Parisi: “Quante volte, con disprezzo – ha detto al riguardo – abbiamo guardato Giuda. Quante volte, con delusione, abbiamo giudicato Giuda, cioè io, cioè noi. Giuda è lì nel Vangelo, tra l’altro, per ricordarci la nostra storia, che è una storia imperfetta. Dovremmo iniziare da qui. Quando guardo l’altro e l’altro mi guarda. In qualunque servizio io sia posto nella Chiesa o anche nel mondo. Guardare l’altro con la consapevolezza che io sono Giuda. E l’altro mi guarda con la consapevolezza di essere Giuda. L’amico Giuda che disprezziamo, chiaramente, quando si tratta degli altri. Ma che poi assolviamo quando la questione di Giuda si impossessa della mia vita. Penso che più delle frustate e più del crollo sotto la croce, la passione di Gesù abbia avuto lì uno dei suoi punti più bassi. Eppure Giuda, dopo aver deciso di tradire Gesù, ha l’opportunità ancora una volta di presentarsi davanti al Signore faccia a faccia, guardarlo negli occhi e donargli un bacio che è segno di amicizia se non addirittura di intimità. E Giuda, nella sua infelice e libera decisione, resta amico: «Non vi ho chiamati servi, vi ho chiamati amici». E Gesù coglie questa linea di amicizia e la rappresenta come disponibilità totale ad accogliere dall’altro anche quel bacio che, nel segno dell’amicizia, ha consegnato di fatto il Signore nelle mani dei carnefici. Quando incontro Giuda nelle pagine del Vangelo non posso condannarlo, non per il gesto che ha compiuto – ovviamente – ma per la realtà che interpreta e che, a volte, vivo anch’io. E nella tragedia se c’è una cosa che un uomo non si aspetterebbe mai è di essere giudicato e, soprattutto, condannato”.

“Un altro passaggio che rende ancora più dura la passione di Gesù – ha aggiunto il Vescovo – è quello dell’abbandono nell’orto degli ulivi, nel momento della scelta suprema, Gesù suda sangue e dice ‘Padre, se è possibile, allontanati da me in questo calice’ e libera se stesso. E, mentre sta per consegnarsi al Padre, coloro che gli erano più vicini fuggono. E allora quella consegna di Gesù che è consegna totale diventa un’offerta” all’interno della quale “in modo particolare vengono coinvolti per primi coloro che si allontanavano da Lui. “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta.” E cos’è la volontà di Dio se non quella di amare liberamente, amare semplicemente senza aspettarsi corrispondenza, senza aspettarsi la restituzione di questo amore? Adora e basta.

 
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