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Il suono di una sirena svegliò Caterina di soprassalto. Rimase immobile a letto per qualche secondo, incerta su cosa fare. Ha allungato la mano per controllare l’ora sul telefono e vedere se c’erano chiamate perse.
4:57. Poi si appoggiò al cuscino, rilassandosi. Era in pensione, non lavorava più.
Sentì il suono della sirena affievolirsi ma le luci continuavano a lampeggiare, osservò il riflesso nella notte attraverso la persiana semiaperta. Si alzò dal letto e andò alla finestra per vedere dov’era la macchina della polizia. Chinandosi, notò che si era fermata al condominio Magnolia, lo stabile che si trovava davanti a casa sua. Per un nano secondo lei la tentazione di chiamare la Sala Operativa per sapere cosa fosse successo era abbastanza forte, ma poi decise di tornare a dormire, tutto questo non la preoccupava più.
Dal primo aprile era in pensione e questo significava che poteva dormire senza preoccuparsi di quello che stava succedendo e decidere cosa fare e chi informare.
Tornò a letto con la speranza di riaddormentarsi. Compito impossibile.
La testa continuava a formulare ipotesi, mentre Caterina continuava a rigirarsi senza sosta e le coperte le si avvolgevano attorno al corpo come serpenti nervosi. Fuori, le luci della Volante continuavano a lampeggiare come un ricordo silenzioso di ciò che la notte spesso offre, indipendentemente dal dolore che lascia dietro di sé.
Alla fine il sonno ebbe la meglio sui suoi pensieri e tornò a dormire.
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