La Corte Costituzionale respinge “la modifica del Piemonte al piano di riduzione del deficit sanitario

La Corte Costituzionale respinge “la modifica del Piemonte al piano di riduzione del deficit sanitario
La Corte Costituzionale respinge “la modifica del Piemonte al piano di riduzione del deficit sanitario

Le Regioni non possono modificare unilateralmente i piani di riduzione del deficit sanitario. Una diversa soluzione sarebbe in contrasto con i principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica (articolo 117, comma 3, della Costituzione) e con l’articolo 1, commi 173 e 180, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) che prevede:

– la definizione concordata tra Stato e Regioni delle misure volte al raggiungimento degli obiettivi di mantenimento dell’equilibrio finanziario del Sistema sanitario regionale – SSR;

– il principio di vincolatività dei piani di risanamento e dei successivi programmi operativi, sottoscritti dallo Stato e dalla Regione, e il conseguente divieto per le Regioni di adottare leggi e/o provvedimenti in contrasto con gli interventi indicati nei medesimi piani o programmi, durante il periodo di validità di quest’ultimo.

Lo ha stabilito il Consiglio con la sentenza n. 87/2024 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8 della legge n. 6/2023 della Regione Piemonte che ha prorogato all’anno 2032 (originariamente fissato al 2026) il termine per la restituzione delle somme indebitamente sottratte alla gestione sanitaria

La frase

Nel ricorso presentato alla Corte Costituzionale, l’Avvocatura Generale dello Stato aveva denunciato la violazione dell’articolo 1, commi 173 e 180, della legge n. 311 del 2004, evidenziando che «la regione era stata sottoposta al Piano di riqualificazione e reinserimento e all’individuazione degli interventi per il perseguimento dell’equilibrio economico» e che il programma di restituzione delle somme alla SSR era stato concordato in sede Permanente Conferenza Stato-Regioni-Provincie Autonome. Mentre la Regione aveva sostenuto che la proroga temporale del programma di restituzione delle predette somme si era resa necessaria per far fronte alle esigenze legate alla pandemia di Covid-19 e all’aumento del costo delle materie prime. Tesi che ha mancato il bersaglio. L’Alta Corte ha stabilito che la Regione «avrebbe dovuto promuovere un’interlocuzione con le amministrazioni statali competenti al fine di rappresentare alle stesse le ragioni della presunta insostenibilità del completamento del programma di restituzione […] per arrivare eventualmente alla definizione, necessariamente concordata, di un diverso termine finale entro il quale modulare il bonifico”. Decisione in linea con l’orientamento secondo il quale:

– la concorrente autonomia legislativa delle regioni nella gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi di finanza pubblica e di contenimento dei costi (Corte Costituzionale, sentenze n. 91/2012 e n. 193/2007);

– la presenza di due livelli di governo posti a tutela del diritto alla salute – il Sistema Sanitario Nazionale e i Sistemi Sanitari Regionali – rende necessaria la definizione di un sistema di regole che regoli i rapporti di collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze, al fine di realizzare «un gestione efficiente della funzione sanitaria pubblica in grado di rispondere alle richieste dei cittadini nel rispetto delle regole di bilancio» (Corte Costituzionale, sentenza n. 190/2022).

 
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