Antonio Ricci, ho una gran voglia di varietà – .

Antonio Ricci, ho una gran voglia di varietà – .
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Antonio Ricci

Antonio Riccil’inventore di La notizia si sparge e tanti altri programmi di grande successo della tv italiana, fa appello Pier Silvio Berlusconi, vicepresidente e amministratore delegato di Mediaset: «Mediaset una volta aveva il grande varietà. Adesso tocca a sabato sera De Filippi. Beh, mi piacerebbe provare il grande varietà, e poi darei un’occhiata alle fiction, anche se Mediaset preferisce le serie turche, che costano poco e hanno buoni ascolti». E poi, sorridendo, sbotta: «Se Pier Silvio Berlusconi mi lasciasse avere tutte e tre le reti per sei mesi, farei una rivoluzione, con programmi completamente diversi». Per conoscere, però, le conseguenze di questa rivoluzione è necessario leggere nel dettaglio l’intervista qui sotto. In cui Ricci esplora le diverse novità del business audiovisivo, a partire, ad esempio, dal fatto che in tv ci sono sempre gli stessi volti…

Richiesta. Si dice che i bravi presentatori non si nascano più. Da anni, però, La notizia si sparge provare a far crescere nuovi conduttori…

Risposta. Noi di Striscia sperimentiamo. Gli altri, però, sono tutti dalla parte del sicuro. Ci piace osare, dare spazio a volti nuovi, lo faccio dai tempi di Guida dentro. Striscia Il bello è che non permette a nessun presentatore di vivere come una star grazie allo stipendio di Striscia: la gestione, infatti, dura poco, quindi è una sorta di stipendio integrativo. E quando i padroni di casa se ne vanno non è perché li abbiamo delusi, ma perché hanno altro lavoro da fare.

D. E cosa mi può dire di Amadeus, al quale ormai tutte le emittenti stanno facendo ponti d’oro?

R. Obiettivamente le canzoni scelte da Amedeo al Festival di Sanremo che hanno portato hanno una ragione, funzionano. In altri Festival hanno vinto canzoni che poi sono scomparse. Ha messo insieme una proposta valida. Lui sa come farlo. E poi è un animale autoironico, non si arrabbia mai, il che invece ci farebbe gioire. Inoltre può contare su un parterre di giornalisti che a Sanremo non ti dà mai fastidio, pena l’esclusione dal cerchio magico.

D. Su conduttori come Paolo Bonolis, come Gerry Scotti? Sono i giganti della televisione. Ma forse si sono buttati un po’ sulla tv commerciale?

R. Bene di Bonolis Mi vengono ancora in mente Bim Boom Bam e di sicuro Ciao Darwin. Gerry ScottiD’altronde è il conduttore che tutte le tv vorrebbero avere, non si smentisce, fa quello che gli chiedi e te lo porta sempre a casa. Quindi è chiaro che non tutti possono essere programmi faro. Ma, lo dico chiaramente, quando sono in difficoltà lo chiamo. E poi confesso un segreto: le voci dei video di Molto paperoso non sono stati registrati quando dirigeva molti anni fa Molto paperoso. No. Adesso viene per registrare, sono attuali, non sono di repertorio.

D. Striscia è un programma moderno, innovativo, contemporaneo: crea molta alfabetizzazione digitale sul tema delle fake news, falso profondo, intelligenza artificiale. Cose di servizio pubblico, insomma…

R. Facciamo molto servizio pubblico, in generale. Con Marco Camisani Calzolari e tutto il falso profondoÈ vero, promuoviamo l’alfabetizzazione digitale da molti anni ed è incredibile che altri non lo facciano. D’altronde, in 35 anni di vita di Striscia, abbiamo utilizzato tutte le tecnologie per ricevere segnalazioni dagli spettatori. Prima il numero di telefono, poi il fax, la mail, il sito sperimentale con l’Università di Genova per avere rapporti più documentati. A questo proposito, conoscete i suicidi?

D. No, dimmi…

R. Molto spesso ci chiamavano al telefono persone strane, minacciando il suicidio, forse volevano l’intervento del Gabibbo, del Capitano Windy, di Staffelli. Non abbiamo mai trasmesso nulla, per evitare effetti emulativi. Ma andavamo sempre a controllare, insieme alla polizia. Poi però ad un certo punto siamo stati inondati di chiamate di questo tipo…

D. E come hai risolto?

R. Una soluzione molto efficace quella suggerita dalla Polizia: abbiamo eliminato il numero di telefono. Se devi scrivere una minaccia di suicidio via email devi pensarci, poi magari non ti risponderà nessuno. Insomma, è bastato cambiare modalità di comunicazione e le minacce di suicidio sono crollate.

D. I palinsesti, tutti, sono in mano ai francesi di Banijay e agli inglesi di Fremantle: fanno intrattenimento e serie tv. C’è il rischio di appiattimento?

R. L’appiattimento c’era già. E comunque nel lontano 1998, nel mio libro Spoglia la TV, ho scritto che gli autori non dovrebbero mai dire che l’idea di un programma è la loro idea originale. Devono sempre dire che è un formato olandese che poi hanno copiato. Solo così i funzionari si sentono rassicurati, sanno che è già stato trasmesso da qualche parte e sono più tranquilli.

D. Secondo lei aveva senso cancellare i direttori di rete in Rai? L’identità dei singoli canali è ancora qualcosa a cui prestare attenzione nell’era dell’on demand?

R. Beh, penso che sia come in un ristorante. Vado in quel ristorante perché so cosa mangio. Se invece mi dai sempre cose nuove, non le capisco, faccio fatica, e poi cambio ristorante. Penso che una rete sia più ordinata con un regista. Forse fa relativamente affidamento su alcune decisioni strategiche, ma può mettere ordine. In realtà, nella maggior parte dei canali prevale il cosiddetto trend. Se un programma va bene c’è chi se ne prende il merito, ma se va male non si sa mai di chi è la colpa. Il direttore, però, stabilisce delle regole e ti permette di lavorare in tutta tranquillità. Senza mai dimenticare che, per programmi di durata non eccessiva, come 90 minuti, la riuscita o meno dipende sempre anche dalla guida e dalla controprogrammazione.

D. Fatta una premessa sul tema della contemporaneità, è semplicemente il contesto di Canale 5, tra la De Filippi, Grande Fratello e la serie turca, è ormai vicina Striscia?

R. Diamo stabilità al prime time e forniamo una base cruciale di pubblico giovane. È chiaro che ci aspettavamo prime serate più emozionanti da Canale 5. Ma so benissimo che non è facile. Se stesso Pier Silvio Berlusconi se mi lasciasse tutte e tre le reti per sei mesi, farei una rivoluzione, con programmi completamente diversi. Ma ho una certezza…

D. Quale?

R. Che lo rovinerei. In realtà non mi sento di criticare quello che vediamo su Canale 5, Rete 4 o Italia 1, perché so che a un progetto risponde con i piedi per terra. Forse da fuori non si capisce, ma Mediaset non si arrabbia, i conti tornano. Ed è questo che conta in un’azienda privata. Anche se sono convinto che possiamo fare meglio. E stanno lavorando per fare meglio. Ma è complicato confrontarsi con la Rai, che ha una ricchezza di offerta spropositata. E sapere che tutti questi guai vengono pagati con i nostri soldi pubblici dovrebbe porre qualche problema.

D. Striscia è un’isola di autonomia che finora si è difesa con gli ascolti. Adesso, però, gli ascolti non sono più così entusiasmanti (15-16% di share) e il profilo del prime time di Canale 5, media 2023, è molto forte al Sud (20,7% di share), meno al Nord, con 13 % in Lombardia o 10% in Friuli. Commenti?

R. Sei giorni alla settimana siamo il programma più visto delle tre reti. Striscia continua ad essere molto forte sul target commerciale, è un programma ideale per gli investitori. E all’interno ci sono code di investitori con cui pianificare Striscia, un programma già ritagliato, da godere su più piattaforme. La nostra replica notturna ottiene più ascoltatori di molte trasmissioni in prima serata.

D. Ma Antonio Ricci si vede lontano da Mediaset?

R. Non ho un contratto in esclusiva con Mediaset. Qui però devo dire che ho ricevuto tutto quello che desideravo in termini di libertà. Non abbiamo mai avuto alcun tipo di condizionamento. Non so se questo modello possa essere replicato altrove.

D. Barbara D’Urso è stata trattata come un’emarginata. Se lo meritava?

R. La conosco da quando era una ragazza Strige nel 1978 con EnzoTrapani. Secondo me è una risorsa, sa fare tutto, tocca tutti i registri. Non so cosa sia successo. Mi aveva promesso che a gennaio avrebbe fatto la verità, ma non lo fece. Ma deve essere successo qualcosa.

D. Pier Silvio Berlusconi sembra volersi liberare del padre da quando è venuto a mancare, ed è normale che ciò accada. Tutti gli uomini nati e cresciuti davanti alla TV del padre rischiano di pagarne il prezzo?

R. Ebbene, diciamolo chiaramente: Pier Silvio fa la sua Mediaset già da 20 anni. Le sue scelte sono sue da molto tempo, e se siamo qui è perché è stato lui a scegliere noi. Ad essere onesti, non abbiamo visto le influenze di papà negli ultimi 20 anni.

D. Bianca Berlinguer fa male a Rete 4 nel programma quotidiano, in uno spazio in cui Barbara Palombelli ha fatto meglio di Nicola Porro che l’ha sostituita, il quale a sua volta ha fatto meglio di Berlinguer che l’ha sostituito. Myrta Merlino non se la passa molto bene su Canale 5a pomeriggio 5 al posto della D’Urso. Cosa ne pensi delle novità?

R. Sono tutti esperimenti che si possono e si devono fare, nessun innesto può essere indolore, bisogna abituarsi. Ma non si tratta di innovazioni che cambiano il significato delle reti.

D. Quali generi ti piacerebbe esplorare in TV?

R. Mediaset una volta faceva grandi varietà. Adesso sabato sera tocca alla De Filippi. Beh, mi piacerebbe provare con il grande varietà, e poi terrei un occhio sulle fiction, anche se Mediaset preferisce le serie turche, che costano poco e hanno buoni ascolti. Ma lo so, per i varietà e le fiction servono tanti soldi, e l’offerta Rai, grazie anche alle ricche risorse che arrivano dal canone, schiaccia qualunque avversario. Dobbiamo cercare sempre di fare meglio e gli ostacoli sono opportunità da non perdere.

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