Fondamenti. Storie di atleti che hanno cambiato il gioco – .

Fondamenti. Storie di atleti che hanno cambiato il gioco – .
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Cinque testi racchiudono storie, idee e concetti fondamentali per riflettere più profondamente su cosa sia lo sport femminile oggi.
“Fondamenti” affronta cinque temi legati allo sport praticato dalle donne a livello agonistico. La visibilità raggiunta dalle atlete negli ultimi anni ha evidenziato come non sia possibile parlare di sport femminile (non solo professionistico) senza liberare la narrazione da una retorica egocentrica in cui le donne, in termini di performance e visibilità, sono e saranno essere sempre in seconda posizione rispetto ai colleghi maschi.

Giorgia Bernardini lei è una scrittrice sportiva
Olga Campofreda E ricercatore presso l’Institute of Advanced Studies di Londra
Elena Marinelli lei è una scrittrice sportiva
Tiziana Scalabrin insegna presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università LUMSA
Alessia Tuselli è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento

Dall’Introduzione (pp. 9-16)

La prima scrittrice italiana ad avvicinarsi al giornalismo sportivo fu Anna Maria Ortese, che nel 1955 seguì il Giro d’Italia per l’«Europeo». La singolarità di questa presenza è dimostrata dal fatto che la Ortese scelse di fasciarsi con un copricapo per nascondere i suoi tratti femminili in un ambiente occupato prevalentemente da uomini. In quel periodo storico nascondere il proprio aspetto o cambiarlo completamente non era inusuale per una donna che cercava di avvicinarsi al mondo dello sport. Nel 1966, ad esempio, poiché alle donne era vietata la partecipazione, Roberta Gibb si presentò alla partenza della Maratona di Boston indossando gli abiti del fratello, per passare inosservata e gareggiare al fianco degli uomini. Questi sono solo due degli esempi più noti di come le donne, sia per praticare sport ad alto livello che per scrivere di sport, abbiano dovuto fare i conti con la scomparsa di se stesse. Un fenomeno con cui spesso sono chiamati a confrontarsi: in ambito familiare e lavorativo, ma poi nella vita in generale, e che si ritrova anche nelle competizioni, perché lo sport è solo uno dei tanti specchi della società in cui viviamo . Ci sono, è vero, alcune eccezioni, come Anna Maria Ortese, che hanno tracciato un percorso alternativo per le donne nello sport. Ci sono ad esempio giornalisti che hanno avuto ampia visibilità e hanno fatto la storia del giornalismo sportivo in Italia, come Emanuela Audisio sulle pagine dei giornali o Simona Ventura nelle trasmissioni televisive, o ancora atleti che hanno riempito pagine di giornali e hanno avuto visibilità in televisione, come Fiona May o Paola Egonu. Ma il loro ruolo di “superstar” resta comunque un risultato straordinario, nel senso di fuori dal comune. Va detto e sottolineato se vogliamo pensare al contesto in cui ancora oggi le donne si muovono nel mondo dello sport. Dietro alcuni personaggi famosi si celano innumerevoli atleti di alto livello che ogni giorno si allenano e vincono ma restano nell’ombra, condannati al disinteresse del grande pubblico. Così come ci sono scrittori validi che cercano spazio senza trovarlo, come se lo sport e il giornalismo sportivo fossero saperi trasmessi con il DNA, maschile ovviamente. Per non parlare dei tempi in cui proposte sugli sport cosiddetti “minori” vengono respinte dalla redazione perché “il tema è troppo specifico e non c’è un pubblico sufficientemente ampio. […] Eppure il processo dovrebbe svilupparsi lungo il binario opposto: non è che una storia si racconta perché ha già un pubblico, ma è dalla storia che nasce il pubblico che vorrà conoscerla. È un cortocircuito valido in tanti ambiti ma che troppo spesso incide sulla narrazione dello sport femminile. Del resto, i Mondiali di calcio del 2019 a Parigi, in cui la Nazionale femminile italiana ha raggiunto i quarti di finale, hanno dimostrato che ci sono ampie fasce di pubblico disposte a seguire la metà meno conosciuta del mondo sportivo, se quello che vedono diverte e intrattiene.

[…] Per le autrici di Fundamentals non esiste altro modo di leggere lo sport femminile se non quello di mantenerlo su un piano di parità rispetto a quello maschile, mantenendo e valorizzando le peculiarità che caratterizzano il primo. Queste peculiarità sono legate all’essere donna o ai singoli atleti e forniscono nuove ed interessanti chiavi di lettura. Ecco perché qui, senza pretesa di esaustività, abbiamo scelto di parlare di alcuni argomenti e non di altri. A scanso di equivoci, rossetto e sangue, reggiseni sportivi, organi genitali, emozioni, acconciature, outfit, smalti, sono argomenti presenti nei testi che abbiamo scritto perché caratterizzano gli atleti e il loro gioco, come vengono definiti i capelli lunghi e le magliette. Andre Agassi e il suo tennis. Che si tratti di un campo o di un corpo, qui lo scopo è distruggere la connotazione negativa che affligge le atlete che esprimono la propria personalità sul campo o con il proprio corpo femminile, negatività che non esiste nello sport maschile. Con Fondamentali vogliamo mettere in discussione il modo di descrivere lo sport su cui ci siamo formati. E vogliamo che il nostro lavoro sia utile anche a chi verrà dopo di noi. La lezione di Sara Gama – ognuno si fa il suo pezzetto di strada e chi viene dopo porta avanti la battaglia – dobbiamo farla nostra tutti.

Dal punto di vista grammaticale il termine “fondamentali” è sia un sostantivo maschile che un aggettivo femminile. I fondamenti, i fondamenti. Il motivo per cui questa raccolta di saggi sullo sport femminile si intitola Fondamenti è che i due tratti identitari che abbiamo scelto per il nostro lavoro convivono all’interno di un unico significante. Ancor prima di parlare degli atleti o delle storie che ognuno avrebbe voluto raccontare, abbiamo riflettuto a lungo sulla voglia di ripartire dalle basi, di ritornare alle origini del racconto sportivo. Ai fondamentali, insomma.

Olga Campofreda, Elena Marinelli, Tiziana Scalabrin, Alessia Tuselli ed io, autrici di questo testo, conosciamo almeno uno sport. Alcuni di noi hanno iniziato a praticarlo da bambini e sono cresciuti adattando le varie fasi del nostro sviluppo attorno all’attività sportiva. Altri, invece, hanno iniziato ad appassionarsi ad uno sport in età avanzata e solo successivamente hanno iniziato a dedicarsi ad esso. Ma nonostante l’età in cui ognuno di noi si avvicina allo sport, o agli sport, che ci appassiona, tutti abbiamo attraversato la fase in cui introiettiamo i fondamentali.

I fondamentali sono quei movimenti base, o quelle sequenze di movimenti, che contraddistinguono uno sport e lo differenziano da tutti gli altri. Il muro e il tiro nel basket, il diritto e il rovescio nel tennis, il muro e la risposta nella scherma. Sono azioni che un atleta deve saper ripetere senza alcuna riflessione, in maniera istintiva. Si chiamano così perché sono i cardini di uno sport e senza questo grado zero non potrebbero esserci Serena Williams, Ibtihaj Muhammad o Federica Pellegrini. I fondamentali sono anche la base del divertimento.
Quelli fondamentali, però, sono gli atleti citati in questo testo, e anche tutti coloro che sono rimasti esclusi per ovvi motivi di spazio. Come accennato, ognuno di loro, individualmente e come squadra, è stato ed è necessario per la crescita di un movimento che ci ispira non solo come appassionati di sport, ma come persone che ogni giorno affrontano la società e cercano di comprendere e minare le sue ingiustizie. .

Quando mi è stato chiesto di lavorare su un libro sullo sport femminile, è stato del tutto naturale come curatrice proporre a mia volta di condividere questo spazio privilegiato con altre quattro donne. È stata una decisione che mi piace definire politica, una scelta che risponde anche al poco spazio a disposizione delle donne che desiderano scrivere di sport. Un libro è un luogo intellettuale che può essere condiviso solo se c’è fiducia reciproca.

Nel 2020 ho lanciato Zarina, una newsletter che avevo fondato per scrivere di sport femminile senza dover fare i conti con i “no” di riviste e giornali e che nel tempo è diventata un luogo di grande sperimentazione. Ed è grazie a Zarina che ho conosciuto gli altri autori di questo volume: ciascuno per lei, e poi insieme, abbiamo mosso i primi passi nella narrazione sportiva, partendo da premesse comuni, ragionando su fenomeni di cui nemmeno i giornali parlavano. Siamo quindi partiti solo con le partite o le prestazioni individuali degli atleti a disposizione. Ed è proprio per questo motivo che sono tornate utili le ore che ognuno di noi ha trascorso all’interno di un campo provando più e più volte i fondamentali. In un certo senso siamo riusciti a diventare autori che scrivono di sport proprio perché abbiamo praticato quelle stesse attività nella vita. Non saremmo stati gli scrittori che siamo se non avessimo camminato sui campi e sulle piste di atletica, e forse ci saremmo fermati molto prima di fronte alle difficoltà se non fossimo stati tutti tenaci o capaci di tenere presente che dopo un performance, generalmente seguono quelle negative. molto positivo. […]

I nostri cinque testi, ovviamente, non pretendono di esaurire il discorso. Semmai il loro obiettivo è avviare un dialogo, avviare una discussione, ispirare altri scrittori e donne sportive a parlare e scrivere, insomma a farsi sentire. Gli stessi argomenti che abbiamo scelto sono costantemente aggiornati. Durante la gestazione del libro si sono verificati eventi importanti, tra cui le sentenze su Caster Semenya, che hanno cambiato la posizione delle persone transgender e intersessuali nei concorsi; i Mondiali di calcio femminile in Australia e Nuova Zelanda che hanno fatto notizia non solo per il gioco ma anche, grazie al “caso Rubiales”, perché hanno portato all’attenzione di tutti quanto il patriarcato sia radicato in certi ambienti sportivi; l’edizione 2023 degli US Open vinti da Coco Gauff, la prima tennista nera ad affermarsi dopo il lungo dominio delle sorelle Williams. La nostra speranza è che le considerazioni fatte in questo libro aprano una prospettiva, rendano strumenti disponibili a chi intende avvicinarsi a livello teorico sia allo sport femminile che a quello maschile, senza dimenticare che, esattamente come in ogni disciplina sportiva, è dopo aver introiettato le basi affinché sia ​​possibile abbandonarsi finalmente al divertimento.

 
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