WAIDELOTTE – Santuario Celeste – .

WAIDELOTTE – Santuario Celeste – .
Descriptive text here

votazione
8.0

  • Bande:
    WAIDELOTTE
  • Durata: 00:38:13
  • Disponibile dal: 29/03/2024
  • Etichetta:
  • Morti di Debemur

Streaming non ancora disponibile

Potremmo definire Waidelotte un collettivo, per certi aspetti, più che una vera e propria band, perché tra ospiti, inserimenti vocali, strumenti etnici suonati lungo tutto l’album (si sentono due tipi di ghironda, una bandura, vocalizzazioni etniche…), il l’elenco delle persone che hanno contribuito a questo album di debutto è di quattordici artisti.
Tuttavia, l’attenzione cade su tre membri fondatori, vale a dire Andrii Pechatkin dei White Ward, alla voce e ai testi, Oleksii ‘Zlatoyar’ Kobel, dei Soen al basso e praticamente l’unico compositore della musica, e Mykhailo Bogaichuk (I Miss My Death) sulle chitarre. Il genere proposto è un metal estremo decisamente sperimentale, che racchiude al suo interno connotazioni black, melodic death e folk tradizionale ucraino, volte ad impreziosire le trame descritte senza risultare un semplice vezzo, anzi. Questi innesti folk non si infittiscono né tentano di sostituire la base, che è totalmente metal (e, anzi, è abbastanza violenta e furiosa), ma vanno e vengono lungo tutto l’album, ponendo accenti e sviluppando immagini, così come alternando slanci di violenza audace su passaggi melodici di sola chitarra con voci pulite.
Si crea così un sostrato di violenza e malinconia che restano abbracciate per tutta la durata di “Celestial Shrine”, senza che una delle due parti prevalga sull’altra. Le composizioni procedono in chiaroscuro che passano da momenti prettamente black metal ad aperture progressive, sfociando in cori femminili desolati e bucolici, e si crea una continua intermittenza tra piano e forte, generando una dinamica perpetua che non stanca mai l’ascoltatore. C’è anche da dire che la scrittura è ottima, ad ogni angolo c’è un passaggio inaspettato, si avvertono variazioni che pensiamo di aver colto e poi ci sorprendono ogni volta; ma non pensate ad un disco complicato, anzi.
La vena progressive è presente, sì, ma in funzione di un album metal estremo, dove primeggia il basso di Zlatoyar, ma dove anche le chitarre si staccano dal tappeto sonoro per uscire con riff micidiali che arrivano dall’alto e attaccano su tutto ciò che incontrare. Violenza e malinconia, dicevamo, per descrivere panorami, come sempre nel caso di Pechatkin, intelligenti e disperati, dove la storia principale riguarda la vita, la morte, la rinascita, la ricerca della luce che deve necessariamente passare attraverso l’oscurità, il raggiungimento di una catarsi ( IL ‘santuario celeste’ del titolo) in seguito alla quale non si può che progredire, cadere o dissolversi.
Musicalmente i riferimenti sono i più disparati, dalle band di provenienza degli artisti a nomi come Ulver o Borknagar, ma anche, diciamo, Dark Tranquility primo stile, nel modo di intendere certe progressioni (non aspettatevi infatti la morte melodica canzoni, ma impressioni, diciamo) o Thy Catafalque.
Un album davvero interessante, che non sacrifica la sua musicalità e la sua capacità di progredire nell’ascolto sull’altare della composizione ‘ricca’, ma anzi diventa sempre più avvolgente con i ripetuti ascolti. Speriamo che sia più di un semplice esperimento a questo punto e che potremo sentire di più in futuro.

 
For Latest Updates Follow us on Google News
 

PREV IN ALTO FUOCO – Arriva la tempesta – .
NEXT Concerto del Primo Maggio 2024. Cantanti, conduttori e tutte le novità – .