Maturità, dignità e denaro nel gioco d’azzardo in un pellegrinaggio dei Beatles – .

Maturità, dignità e denaro nel gioco d’azzardo in un pellegrinaggio dei Beatles – .
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Chi si mette in cammino verso Santiago, Lourdes o San Giovanni Rotondo lo fa – dice – per cercare Dio, o almeno un sé più accessibile. Alcuni intraprendono il viaggio per espiare i peccati, altri per compiere un voto, chi in gruppo, chi in ascesi solitaria, un moderno San Rocco con un golden retriever al guinzaglio.

Ma cosa spinge una persona adulta e con un discreto equilibrio mentale a perdere ogni traccia di maturità una volta giunti alle porte di Liverpool? Del resto il pellegrino laico presenta molte delle caratteristiche psicofisiche di quello religioso, dal bisogno impellente di misticismo alle allucinazioni agonistiche in stile Fantozzi azzurro.

Perché non c’è niente da fare, anche tra i fanatici dei Beatles c’è sempre qualcuno più integralista, penitente, maniaco di te: «Sei stato alla Casbah? Oh, solo tre volte? Ho incontrato Pete Best, mi ha toccato il gomito e ha curato la mia epicondilite”. Chi ha avuto la fortuna di rendere omaggio personale a Paul McCartney, allora, il suo posto nella cieli suburbani lui già ce l’ha e non manca di sbattertelo in faccia.

Ecco un piccolo breviario per il pellegrino, un racconto diario di qualcuno che, per un attimo fuggente, ha intravisto la luce interiore attraverso uno cipolla di vetro.

La finta Caverna

Una volta sbarcati alla stazione di Lime Street, la vostra prima destinazione non può che essere la sacra catacomba proto-beatlesiana, ricostruita utilizzando mattoni diversi rispetto all’edificio originale. I miscredenti dovranno espiare eternamente il sacrilegio della sua distruzione. Per che cosa allora, per fare spazio ad una ferrovia che alla fine non passava neanche di lì? In gioco la modernità!

Come durante l’ultimo pellegrinaggio, il palco è occupato da una tribute band guidata dal sosia di Louis van Gaal, ex allenatore della nazionale olandese. Chi l’avrebbe mai detto, giocano Tutto il mio amore. Quando il trio parte alla chitarra, l’emozione fa salire la temperatura corporea dei fedeli, creando una patina di condensa sulle teche in cui sono custoditi strumenti autografati, poster, contratti e – secondo alcuni – residui gassosi del passaggio dei Fab Four . Dopo l’estasi finale del sesto accordo, non resta che andare a versare lacrime sugli orinatoi di Armitage Shanks.

Rock the Cash-bah

Tra gli altri luoghi di culto che rivendicano lo status di fonte battesimale dei Beatles, spiccano i club Jacaranda e Casbah. Il primo, in una traversa della centralissima e commestibile Bold Street, ha anche un ipogeo in cui si possono ancora intravedere le incisioni rupestri e le pitture murali realizzate da John, Paul, George e Ringo.

La Casbah (o Cash-bah, poiché accetta solo donazioni in contanti) è stata riaperta qualche anno fa da Pete Best ed è curata personalmente dal fratellastro Roag. Il quale, come leggiamo nei vangeli apocrifi dei Beatles, è figlio di Mona Best e Neil Aspinall (apostolo factotum dei quattro fin dagli esordi). Per questo, quando parla della band, tradisce un misto di odio e venerazione, come nello sketch dei Monty Python L’uomo che è alternativamente scortese ed educato.

La (vera) chiesa

C’è anche una vera e propria chiesa sul percorso del pellegrino. Fu infatti nel salone della parrocchia anglicana di St. Peter che il 6 luglio 1957 un giovane Lennon, leader dei Quarrymen in camicia da boscaiolo, incontrò un McCartney trapuntato, che alla fine del concerto gli disse: «Ok, bene, adesso dammi che ti insegno ad accordare la chitarra.» Ed è subito Genesis. Un po’ più in là c’è ancora la tomba di una certa Eleanor Rigby.

Il barbiere di Penny Lane che non esiste più

Non puoi capire lo sconforto, quando arrivi nel salone di Tony Slavin (ex Bioletti negli anni ’60) apprendi che il barbiere più famoso della storia della musica, quello che mostrava le “fotografie di tutte le teste che aveva avuto il piacere di incontrare ”, è chiuso dalla fine del 2022. Chiuso. Quando sei già lì, pronto a fare del tuo cuoio capelluto rarefatto un memoriale della Swinging London, in attesa di stringere la mano al banchiere che, ne sei sicuro, è ancora seduto lì dal febbraio 1967. Ma ora tutto sembra perduto, e quasi ti penti aver acquistato repliche del segnale stradale nei formati metallo, magnetico, legno e cartone. Ma il “rifugio in mezzo alla rotonda” è ancora lì, e sebbene la “bella infermiera” che vendeva papaveri sia in pensione da decenni, col favore dell’oscurità sembra ancora possibile acquistare derivati ​​della pianta del papavero.

Tutti sull’autobus per Strawberry Field

Dopo Penny Lane non può che esserci Strawberry Field, e tra i fedeli inizia il dibattito su quale delle due canzoni e dei due luoghi meriti il ​​lato A. Ma come insegna il profeta: “Niente è reale e niente di cui impicciarsi”. La guida del Magical Mystery Tour – che trasporta i devoti su autobus ispirati al miglior film peggiore di sempre – commette un peccato mortale sostenendo che Campi di fragole per sempre sarebbe stato scritto (intende effettivamente scritto, non pubblicato) nel 1967. Qualcuno dovrebbe rivedere il Vangelo secondo Mark Lewisohn.

Case dolci case

Un altro autobus, più casto, costoso e istituzionale, è quello del National Trust. Quaranta sterline per visitare le case d’infanzia di John e Paul? Non manca altro, tieni il resto. La guida che vi aspetta al 251 di Menlove Avenue ha la camicia aperta sul petto dal giorno in cui l’austera organizzazione britannica ha accettato la donazione di Yoko Ono (ah, ti piace adesso, eh?), acquirente della casa che fu di zia Mimi . Sembra infatti che le cariatidi del National Trust si oppongano da tempo all’acquisto e all’inserimento della casa tra i luoghi di interesse nazionale. Adesso è facile fare il rocker con il petto villoso e la giacca tempestata di spille, accennando un piccolo passo twist ammiccando e dicendo: “È casa di Lennon, non di Händel!”.

Su Forthlin Road, invece, un generale senza alcuna empatia ti guida nella casa di McCartney. Al termine della visita ti invita a suonare la chitarra o il pianoforte (non originali) in sala da pranzo: evita di vomitare Signora Madonna, che ti fa così bene a casa. Meno clamore sulle ville di George e Ringo. La casa Harrison al numero 12 di Arnold Grove è abitata e sufficientemente decentrata affinché i pellegrini non intasino il vicolo. Ringo’s al 10 Admiral Grove è preannunciato da un murale che ritrae il batterista, circondato dalle immancabili marionette di Sottomarino giallosull’edificio che appare sulla sua copertina Viaggio sentimentale. Di fronte c’è Powis Street, la Watery Lane dei Peaky Blinders. Mentre uno è lì…

Premio Padre Pio per statue e ritratti

Questo è il capitolo più deplorevole, che mette alla prova la tempra e la fede del pellegrino. Certo, il ritratto di gruppo a Pier Head, con il Liver Building sullo sfondo, è estremamente ben scolpito. Bello anche il Lennon davanti all’ingresso del Cavern, ma sembra creato da Seth MacFarlane, con quegli occhi e il mento da Griffin. Ma da lì in giù è un viaggio verso il burrone. I quattro Beatles dell’Hard Day’s Night Hotel di North John Street emergono dalle nicchie profetiche di Donatello, ma con l’armonia anatomica di Pingu; né sono più credibili quelli a mezzo busto o leggermente più grandi all’ingresso del Beatle Shop in Mathew Street. Ma l’apoteosi del brutto si può certamente raggiungere con i quattro manichini di bronzo svelati da un ghiacciato Mike McCartney nell’aprile del 1984 all’interno delle Cavern Walks. Premio Padre Pio.

Il Louvre di Liddypool

Siamo ormai ben oltre Duchamp, e il posto nel museo non è più negato a nessun oggetto vagamente connesso ai quattro. I posti allo Shea Stadium? Va bene. La bombetta indossata da Lennon nel Una notte di una giornata dura? Perché no. La città di Liverpool ha due musei interamente dedicati ai Beatles, e almeno altrettanti hanno aperto e chiuso i battenti con la stessa rapidità registrata Per favore, per favore. Il primo, The Beatles Story, si trova sull’Albert Dock, pieno di riproduzioni autentiche e spesso di cattivo gusto. L’altro, in Mathew Street, è gestito dal già citato Roag Best. Che, con il suo esplosivo accento Scouse, ti informa dell’ukulele che Harrison comprò in America, della prima batteria di suo fratello, degli abiti di scena di Amburgo e delle medaglie di Lennon per la copertina di Sergente Pepe. Per lo meno, i materiali sono in gran parte originali. Naturalmente, per quel prezzo, puoi andare al Louvre due volte.

Mitomani e i 45 giri jugoslavi

Girando l’angolo tra Mathew Street e North John Street ci si imbatte nella Beatles Gallery, tappa imperdibile per chi non sa rinunciare a una travel mug, un sottobicchiere con la copertina di Anima di gommaun accappatoio firmato (o è una tonaca?) Sottomarino giallo. Il proprietario, notato l’accento, ti guida verso la finestra indicandoti la bandiera del Napoli che campeggia sul palazzo di fronte dallo scorso campionato. Dopo qualche giorno lo trovi lì, pronto a seguirti nel Bel Paese, con il trolley originale caricato da McCartney sul volo BOAC per l’URSS. Un altro caso umano, lungo la periferia di Smithdown Road, è il perfetto sosia dell’uomo dei cartoni animati dei Simpson. Propone cimeli taumaturgici, cover alternative, versioni coreane o jugoslave dei primi singoli.

Molte di queste persone amano infliggerti dolore mostrandoti foto di se stesse con Sir Paul (chissà perché nessuno si prende la briga di farsi foto con Ringo). Tutti, implacabilmente, pretendono di conoscere il vero quinto Beatle, il Santo Graal dalle sembianze umane alla cui ricerca sono stati dedicati gli ultimi sessant’anni della civiltà occidentale. Alcuni affermano di esserlo.

 
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