una nave esplode e sventra la città. Il mistero della strage dimenticata – .

una nave esplode e sventra la città. Il mistero della strage dimenticata – .
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Nelle mura di Maschio Angioino ci sono segni di colpi impressi nelle pietre di tufo. Con un po’ di fantasia si potrebbe pensare ai sassi lanciati dalle catapulte in epoca angioina o aragonese. E invece no, sono i segni delle schegge lasciate dall’esplosione della nave Caterina Costa, l’incidente più grave della storia. seconda guerra mondiale che sventrò parte del porto di Napoli e dei quartieri vicini e causò seicento morti (ma dati non ufficiali parlano di molte più vittime) e tremila feriti. Arrivarono anche pezzi della nave e di ciò che trasportava VomeroA San Martino e causò la caduta di alcuni edifici, peggio di un bombardamento. La strage dimenticata e ancora avvolta nel mistero avvenne il 28 marzo 1943, appunto 81 anni fa. La Caterina Costa era una superbomba galleggiante ormeggiata al Molo 18 del porto di Napoli. Era carico di esplosivi, munizioni, carri armati, armi e più di mille tonnellate di benzina. Inutile dire che sarebbe stato un obiettivo primario per i sabotatori anglo-americani. Ma l’ipotesi è stata scartata. “Non ci sono tracce”, si disse. Quindi è meglio ammettere l’incompetenza e la negligenza piuttosto che la presa in giro subita commando nemici.

Carico destinato al Nord Africa

Il carico della nave era destinato truppe italiane nel Nord Africa. Ma allora perché gli inglesi l’avrebbero distrutto nel porto? All’epoca quasi tutti convogli Gli italiani finirono in fondo al mare durante la traversata del mediterraneo. Gli inglesi avevano il radar e gli italiani non lo sapevano.
La mattina del 28 marzo 1943 scoppiò un piccolo incendio a bordo della Costa e fu l’inizio della tragedia. C’erano anche a bordo 600 soldati Italiani e tedeschi, e sono loro le vittime ufficiali. Dai giornali dell’epoca: «La partenza era prevista per il 27 marzo, ma un imprevisto provocò la rottura di una corda e rinviò la partenza al giorno successivo. Il 28 marzo 1943, intorno alle cinque, a bordo scoppiò quello che inizialmente sembrò un piccolo incendio, forse provocato da una semplice scintilla. Basta poco perché tutto si trasformi in una tragedia. La nave diventa una vera e propria bocca di fuoco dalla quale vengono “sparati” pezzi infuocati su tutta Napoli”.
«L’onda d’urto, e non solo, ha colpito Napoli, partivano dal porto spedire pezzi, di cannoni ed altro, che raggiunsero Piazza Garibaldi, Borgo Loreto, Sanità, Piazza Carlo III ed i Quartieri Spagnoli, provocando numerosi feriti. Fu colpita la Stazione Centrale dove alcune schegge incendiarono le carrozze in sosta, presero fuoco i Magazzini Generali e si dice che proiettili e detriti arrivarono fino al Vomero, la collina di Camaldoli, Soccavo e Pianura. La torretta di un carro armato è rimasta incastrata nel tetto Teatro San Carlo dopo un volo di cinquecento metri, un pezzo della nave ha abbattuto due edifici sul ponte della Maddalena, un altro si è conficcato nel tetto di un edificio in via Atri. Colpita anche una facciata del Maschio Angioino. Una lastra di metallo veloce come un proiettile trapassò l’orologio della chiesa di Sant’Eligio».

Il molo crolla: negligenza e nessun attacco

«Il molo crolla letteralmente trascinando a gruppo di edifici nelle vicinanze, due edifici furono letteralmente schiacciati dalla prua della nave, sulla terrazza di un edificio fu rinvenuta una cisterna. Sono stati sollevati molti dubbi, si è addirittura pensato ad un attentato, ma dalle intense indagini seguite al drammatico evento non è emerso nulla”.
«I sismografi diOsservatorio Vesuviano percepirono l’evento come un terremoto del quinto o sesto grado della scala Mercalli”.
A Caterina Costa la storica Gabriella Gribaudi ha dedicato un capitolo nel suo libro “Guerra totale” (Ed. Bollati Boringhieri).
Napoli tra il 1942 e il 1945 fu la città più bombardata d’Italia. “La città – spiega Gribaudi – ha subito oltre 100 bombardamenti con oltre seimila morti”. Ma Gribaudi è chiaro sull’ipotesi che si sia trattato di un attentato: «No, le notizie da Prefettura E Vigili del fuoco del periodo che ho esaminato negli archivi. Gli errori furono tanti: il primo fu quello di aver ormeggiato una nave carica di esplosivo con la prua rivolta verso la città e non verso il mare, un altro errore fu non cercare di affondarla o almeno allontanarla. All’inizio l’incendio era piccolo. L’esito catastrofico fu il risultato di un’operazione in piena regola incapacità prendere decisioni sensate in breve tempo”.

 
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