“Vincere in MotoGP è molto meglio che perdere la verginità. Valentino Rossi? è oltre, anche nelle scelte di vita” – MOW – .

“Vincere in MotoGP è molto meglio che perdere la verginità. Valentino Rossi? è oltre, anche nelle scelte di vita” – MOW – .
“Vincere in MotoGP è molto meglio che perdere la verginità. Valentino Rossi? è oltre, anche nelle scelte di vita” – MOW – .

SSei uno che è finito in moto non in nome di suo padre ma perché lo voleva profondamente. È così?

“Ebbene da bambino ho avuto l’input di mio padre che mi ha fatto provare quando avevo cinque anni e mezzo. Per divertimento ci abbiamo provato, per divertimento abbiamo vinto e per divertimento abbiamo continuato. Alla fine mi sono ritrovato a farlo in modo serio. Poi, e mi dispiace dirlo, quando sono arrivato nel mondiale Moto3 ho dovuto lasciare la scuola e mi sono trasferito. Avevo 17 anni all’epoca, quando capii che per andare forte in moto avrei dovuto fare delle modifiche a cui tante volte non ci pensavo. Tutte le scelte che ho fatto nella mia vita per il mio sport le ho fatte in modo naturale. Fondamentalmente questo è quello che voglio fare. È la mia vita, la mia passione. È dove mi sento più a mio agio, magari a qualcuno piace stare a casa, oppure al bar. Mi trovo a mio agio su una MotoGP a trecento all’ora”.

Hai un fratello minore e sei tu quello che fa il pilota in MotoGP: che rapporto avete?

“Mio fratello è un idiota! In senso buono eh, ma… è un idiota! Adesso siamo molto legati, litighiamo molto perché lui ha vent’anni ed è nel classico periodo da ventenne in cui pensi di sapere tutto della vita anche se in fondo non sai un cazzo. Siamo molto legati, usciamo molto ma allo stesso tempo litighiamo molto, è la persona che mi fa squirtare più di chiunque altro. Ma lui mi ama incredibilmente e forse vuole vedere il risultato anche più di me. Sicuramente c’è un rapporto molto, molto stretto”.

Sei uno dei pochi piloti della MotoGP che sa come pagare le bollette?

“Eh, ti dico la verità… non li ho mai pagati. Ma non credo che sarebbe difficile, faccio tante altre cose e sinceramente non credo che questo mi metterebbe in difficoltà”.

Raccontami di Roma.

“Sono cresciuto con un padre romano e un tifoso romano, la Roma nel cuore. Mio padre mi ha dato questo nome, Fabio, perché è romano. Mi sono davvero sentito Roma, Roma. Crescendo l’ho amata sempre di più, è una città incredibile, vedi storie ovunque. E nonostante abbia mille mancanze mi sento veramente a casa, poi ovviamente c’è la Roma calcio, è davvero bello avere un rapporto così stretto, sono il loro ambasciatore nel motorsport. Edo Bove è un mio grande amico, ho conosciuto metà dello spogliatoio, Walter Martinelli che è il fisioterapista della Roma è anche il mio fisioterapista. Roma è il mio posto sicuro, dove cerco anche di staccare. Poi non è molto motorsport, quasi zero. A volte penso che questo sia un limite, altre volte sono felice così. Mi piace dividere le cose, fare queste cose al trecento per cento e poi tornare a casa e pensare alla vita in generale”.

C’è mai stato un momento in cui hai pensato che essere romano potesse essere un problema nel motomondiale?

“Non è un problema, ma la crescita che devi fare per diventare un professionista qui è un po’ più difficile. A Roma il motorsport è poco, si fa fatica ad allenarsi nelle strutture giuste e ad avere i consigli giusti. In Emilia Romagna, però, c’è molta più passione per i motori ed è più facile incontrare persone che possano darti l’idea giusta o un consiglio che funzioni. E poi semplicemente… vai in pista, trovi l’Academy che corre e hai l’opportunità di conoscerli: solo questo può fare la differenza”.

Franco Califano o Antonello Venditti?

“Difficile. Non potevo scegliere, sono in crisi. (Lungo silenzio, ndr). Magari dico Venditti, ma ascolto davvero tantissime canzoni di entrambi».

Il tuo film preferito di Carlo Verdone.

“Ah, c’è quella scena Grande, grande e… verde questo mi fa impazzire, ogni volta con i miei amici diventiamo matti. Lui si chiama Vecchiarutti, lei si chiama Enza Sessa. C’è suo figlio Steven che gioca a calcio nella sala. Mio Dio, mi sento male ogni volta! Con la receptionist che le chiede se può dire a suo figlio di smettere di palleggiare. ‘Ah Steven!’”.

 
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