inadempienza sulla spesa farmaceutica – .

BARI – Il 30 giugno l’Aifa determinerà il valore definitivo del payback, lo sconto che i fornitori dovranno restituire alle Regioni. Fatto ciò, i dati sulla spesa farmaceutica del 2023 saranno definitivi. E serviranno per applicare la legge regionale 7/2022, che prevede il licenziamento dei direttori generali delle Asl in caso di mancato rispetto dei massimali. Iniziando, con ogni probabilità, una rotazione.

Non ci saranno quindi eccezioni. Se – come appare possibile – la legge regionale verrà modificata per tenere conto di alcune criticità, le modifiche avranno validità a partire dall’anno in corso. Ma per il 2023, secondo un rapporto che l’assessorato alla Salute sta preparando per il governatore Michele Emiliano, la norma voluta dal consigliere regionale Fabiano Amati dovrà essere applicata così come è scritta. E porterà alle dimissioni di tutti i direttori generali in carica, compresi quelli delle aziende ospedaliere che hanno tentato di scaricare parte dei costi sulle Asl.

Secondo i dati Aifa aggiornati a novembre, infatti, tutte le Asl hanno rispettato il tetto della spesa farmaceutica convenzionata, cioè quella effettuata tramite le farmacie. Nessuna di esse, però, ha rispettato il limite della spesa farmaceutica diretta, quello per i farmaci somministrati in ospedale, tetto da sempre superato (poiché individuato dalla legge nazionale, senza sanzioni) da tutte le regioni italiane. In questo senso si leggono le critiche di alcune forze politiche, tra cui il Pd, alla legge 7 che all’epoca votarono anche i Dem. A maggio numerosi esponenti della maggioranza hanno presentato una proposta per chiederne l’abrogazione.

Nel periodo gennaio-novembre 2023 le Asl pugliesi hanno speso 2,7 milioni di euro in meno rispetto al tetto dei farmaci convenzionati, con un andamento in rallentamento rispetto ai primi sette mesi dell’anno quando invece la spesa era in crescita (e fuori target) rispetto ai 12 mesi precedenti. Lato ospedaliero, invece, lo scostamento dal massimale è di 283 milioni. Poiché la legge 7 dell’Amati non fa alcuna differenza, ne consegue che i direttori generali devono essere dichiarati tutti licenziati, ad eccezione di Antonio Sanguedolce che nel frattempo è passato dall’Asl di Bari al Policlinico di Bari.

La procedura di decadenza non è automatica, ma prevede un processo di garanzia che comporta la richiesta di controdeduzioni da parte degli interessati. Ci vorranno quindi alcuni mesi. Tra le possibili conseguenze c’è un impatto negativo sul premio di risultato spettante ai dirigenti delle Asl, che però non dovrebbe portare alla cancellazione dall’albo degli aventi diritto. Vuol dire, insomma, che subito dopo – o forse contemporaneamente – la Regione potrà avviare le procedure per la nomina di nuovi direttori generali per procedere alla rotazione degli incarichi.

La legge 7 non è l’unica a causare grattacapi in questi giorni. Sul tavolo del governatore Emiliano, infatti, c’è anche la legge 13 aprile, quella che affida la gestione di tutti i concorsi all’agenzia Aress e che è stata impugnata dal governo per (macroscopica) incostituzionalità. Il problema è che dal 1° luglio le Asl dovrebbero avviare i nuovi concorsi: secondo la legge ora contestata, a gestirli dovrebbe essere l’Aress (che non ha né personale né competenze), o una delle altre Asl autorità. Anche questa seconda alternativa è finita nel mirino di Palazzo Chigi.

La Regione è quindi a un bivio, sapendo anche che quella legge rientra nel pacchetto di impegni presi da Emiliano con Amati per ottenere il voto favorevole di Azione di fiducia. Anzi, potrebbe applicarlo comunque, con la certezza matematica di essere incostituzionale (i concorsi devono essere gestiti da un’azienda sanitaria, Aress no). Oppure potrebbe fare come ha fatto finora, scompattando i concorsi (per categoria) nelle diverse Asl. In entrambi i casi ritardi e ricorsi sono inevitabili.

 
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